"La libertà non è star sopra un albero,
non è neanche il volo di un moscone,
la libertà non è uno spazio libero,
libertà è PAR-TE-CI-PA-ZIO-NE"
non è neanche il volo di un moscone,
la libertà non è uno spazio libero,
libertà è PAR-TE-CI-PA-ZIO-NE"
Ho dovuto aspettare di avere 35 anni o più per essere colpito da un pensiero folgorante (ma non ero in viaggio per Damasco e non caddi da cavallo). Il pensiero diceva:
"Tu non sei d'accordo con questa canzone. Per niente. Neanche con una parola. Questa canzone propone un'idea della libertà che, al meglio, scarta senza neanche prenderla in considerazione l'idea di libertà individuale che ti è tanto cara. Al peggio, propone una deprimente dittatura collettivistica"
Wow. Menato per il naso per quasi vent'anni dalle caratteristiche anestetizzanti (musica facile e belle parole: libertà, albero, partecipazione) di una canzonetta. Infatti, era la prima volta che mi soffermavo a pensare al significato del testo. Che poi...il significato del ritonello. Perchè le strofe (che devo dire ascoltavo ancora meno) in parte lo contraddicono, di partecipazione non si parla più o di straforo (un testo abbastanza incoerente, in verità).
Insomma, io penso che la libertà sia innanzitutto poter stare sopra un albero (fra 'altro) senza che qualcuno ti venga a scassare i cabasisi - "Scendi, che andiamo a partecipare". Vacci tu. Io vengo se mi va.
E strano, perché poi delle altre canzoni di Gaber (quelle che mi piacevano e quelle che no) il testo lo ascoltavo e qualche ragionamento (senza esagerare, aveve pur sempre diciassette anni) ce lo facevo. Evidentemente le qualità oppiacee, psico-catto-comuniste (e certo, chi s'immagina di parlar male della partecipazione in parrocchia? e in sezione? e nel gruppo di autocoscienza? La partecipazione è prima di tutto BUONA) di questo ritornello mi avevano completamente otturato le vie pensatorie...
Quando si sente una parola bella/buona (casa pane mamma caldo...partecipazione) bisognerebbe sempre mettere mano alla pistola.