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Tuesday, December 23, 2014

E anche quest'anno, è Natale in I.T.!

Tutti questi episodi sono accaduti a me nell'ultima settimana (tranne uno, riferito da un amico). E' lo spirito del Natale. O qualcosa nell'acqua.


Quest'anno forse ci siamo specializzati troppo...

"Le luci sulla scatola con scritto Zyxel, come sono?"
"Tutte spente"
"Ma anche quella dove c'è scritto [POWER]?"
"Sì"
"Eh, ma allora è spento il router!"
"E cosa posso fare?"
"Io proverei ad accenderlo"
"Senta, posso passarle un'altra persona, che io con l'elettricità...."

...non sempre abbiamo saputo far fronte alle nostre responsabilità...

Q: "Buongiornio, noi gestiamo il dominio x.com e so che avete in gestione x.it e lo redirigete, vero?"
BOFH: "Sì redirigiamo il web, ma gestiamo la posta."
Q:"Ecco perché il mio cpanel mi dà che per quel dominio sono over quota di 1.8GB di posta, ma non ho configurato alcun account di posta"
[grep /var/log/maillog, expn, CLICKETY CLICK]
BOFH: "No, guardi da noi nessuno manda nulla a x.com"
Q :"Capisco, ma il mio cpanel mi dà che per quel dominio sono over quota di 1.8GB di posta, ma non ho configurato alcun account di posta"
[Grrrrrrrr - dig x.com SOA; ssh x.com - OK, è linux (cazzo,un debian!)]
BOFH "Ehm, OK, secondo me l'opzione migliore sarebbe contattare assistenza@piccoloprovider.it che gestisce l'hosting, chiedendo di verificare se esiste una mailbox di default che non viene svuotata"
Q: "Ma piccoloprovider.it siamo noi, e il mio cpanel...."

 

...forse ci siamo trovati in imbarazzo in pubblico... 


 Come la signora (impiegata di una grande ditta) che si è iscritta a un sito di appuntamenti usando come indirizzo di posta tutti@azienda.it. 

 
O come la Ditta che ha vinto il premio nostalgia email 2014 mandando gli auguri di Natale con n-mila indirizzi nel To: e Cc:, garantendo così che ogni risposta del tipo "Cancellatemi dalla ML" o "Vi ringrazio de core" arrivasse a tutti quanti.

Dopo una cinquantina di messaggi sempre più esagitati ("Smettetela di intasarmi la mailbox!" "Grazie a voi a a tutti i vostri cari" "Come avete avuto la mia mail?" ) arriva questa reazione:

 "Capre maledette sedute dietro alle vostre tastiere che non capite un cazzo di come funziona il mondo, se continuate a rispondere alla mail che avete ricevuto chiedendo di essere cancellati dalla mailing list tutti gli altri riceveranno la vostra richiesta. Ecco perché state ricevendo tante mail, perché ci sono altri deficienti come voi che continuano a scrivere chiedendo di essere cancellati. Appena accendete quel neurone che vi rimbalza nella scatola cranica capirete che l'unico modo per smettere di ricevere mail è smettere di mandarne voi stessi. Sopporto ancora per poco, poi scrivo un programmino che manda una mail al secondo a questo indirizzo e vi riempio la casella di posta. Dannati imbecilli." 

Seguono utleriori decine di messaggi di insulti, minacce  di querele eccetera, eccetera...


...ma alla fine siamo qui, come ogni anno, a scambiarci gli auguri!


From: Ditta@fornitore 
Subject: Auguri e orari festività natalizie

"Caro cliente, nell'augurarle Buone Feste le comunichiamo che i nostri uffici osserveranno il seguente orario" 

From: marketing@ex-cliente: 
Subject: Re: Auguri e orari festività natalizie

"Cliente un cazzo. Toglietemi dalla ML maledetti figli di troia"

Thursday, December 11, 2014

Andrebbe davvero difesa, la terra di mezzo - ovvero, come si crea una polemica letteraria.

Nei commenti in un thread di reddit su un articolo apparso su "Minima & Moralia", avevo scritto tre giorni fa:

"Seguirà:  intervento dei Wu Ming per far pubblicità al loro libro che con un'attenta analisi dei subtesti dimostra che invece Tolkien è 'de sinssra'. Seguirà: intervento di segno opposto di qualcuno. Seguirà: puntata di Fahrenheit con la Lipperini e uno dei WM per ulteriore pubblicità al libro. Una diatriba politico-letteraria più appassionante di Tolkien...Però direi che delle invidiose caldane di chi negli anni settanta non poteva dire che gli piaceva Tolkien perché se no gli davano del fascio, e delle malinconie di chi avrebbe voluto andare ai campi hobbit ma non l'hanno lasciato, ci se ne può - e deve - fregare altamente, anche perché producono libri noiosi, indigesti e inutili. Meglio il trono di spade."

Sapevo che uno dei miei protagonisti aveva già lanciato l'esca in questo post (lo scorso 3 Dicembre), ma non avrei pensato che la valanga degli eventi sarebbe stata così veloce

Fuggite, sciocchi!
E tra gli sciocchi ci sto a pieno titolo io, che mi ero scordato dell'arrivo nelle sale dell'ultimo film di Peter Jackson. "Coincidenze? Non credo proprio." Me lo ha ricordato il disprezzo che i nostri disseminano a piene mani sulla chilometrica saga hollywoodiana (la cui demise mi sembra annunciata un po' prematuramente - seguirà: adattamento jacksoniano de Il Silmarillion in 25 episodi) 

Mancano ancora l'intervento 'de dessra'  e la puntata di Fahrenheit, ma sarei davvero sorpreso se mancassero. Il secondo evento mi pare praticamente inevitabile.

Ma davvero dobbiamo, dopo più di 60 anni di culto Tolkieniano planetario, e per una supposta rivalutazione culturale, appoggiarci a questa gente che, avendo smesso di spararsi (per davvero) negli anni 70, continua a farlo ora a salve in una specie di paintball arena semideserta, nell'evidente speranza di intercettare l'interesse di qualche ggiovane?

Monday, December 1, 2014

A bocca aperta

Così recita il corrierone:

Annuncia su Facebook l'omicidio dell'ex moglie, centinaia di «mi piace»

E lo stesso episodio echeggia, sconsolata, la pagina Facebook di Loredana Lipperini.

Niente di cui rallegrarsi, eh. Un marito separato, animato dal consueto, canagliesco, rancore, va a casa dell'ex moglie con un coltello da caccia. Dopo (o forse - poco prima, non si sa) ancora sporco di sangue, scrive delle sue gesta su FB - anche lui in fondo, è social.

 E la gggente (237 esemplari di gggente) , nella miglior tradizione di 4chan, mette il like ("OP delivers. Upvote.") E altra gggente (molto di più, invero) si indigna - sempre in maniera social, ca va sans dire, e condivide, e commenta, sul corrierone, sulla pagina della Lipperini, e (penso) su Repubblica, twitter. Etc.

Una domanda che mi sono posto è - che differenza c'è tra quelli che mettono il like, quelli che condividono dicendo "Dovresti morire tu, maledetto schifoso", e quelli che affollano i forum  più alti diciharando "Agghiacciante","Non voglio credere che l'umanità sia così", "237 incitamenti all'omicidio che la giustizia non potrà colpire".


 Sarà eccesso di cinismo, non riesco a trovarcene nessuna (a parte quella - ovvia - del significato letterale dell'intervento). Manifestano tutti quello che Pitigrilli chiamava il teppismo del lettore (il brano è in fondo al post). Un po' come Aldo che mostrava  al controllore dell'autobus la dichiarazione dei redditi per provare di essere un cittadino probo  o improbo, a seconda del caso e dei punti di vista.

Tutti che prendono posizione, tutti che l'avevano pensata già così, o magari cosà. Tutti intenti a definirsi, a buon mercato, a spese di un episodio di cronaca - oggi il femminicida, domani Renzi, dopopdomani il gattino che ha commosso il web. Mi ricordano quelli che inviano SMS alle radio per dire "Questa musica mi ha toccato profondamente l'anima". Che emozione.



 Ed ecco il promesso Pitigrilli:

 "Poiché siamo sulla via delle confidenze, riconosco di aver assecondato il teppismo del lettore. Mi spiego: per la strada, quando scoppia un litigio o avviene un incidente della circolazione, scaturisce improvvisamente dalle viscere della terra un individuo che cerca di dare un' ombrellata a uno dei due contendenti, che generalmente è l' automobilista. Il teppista ignoto ha sfogato il suo rancore latente. Così nei libri: il lettore che non ha idee o le ha allo stato amorfo, quando trova una frase pittoresca, fosforescente o esplosiva, se ne innamora, l' adotta, la commenta con un punto esclamativo, con un «bene!», un «giusto!», come se egli l' avesse sempre pensata così, e quella frase fosse l' estratto quintessenziale del suo modo di pensare, del suo sistema filosofico. Egli «prende posizione», come diceva il Duce. Io gli offro il modo di prendere posizione senza scendere nella giungla delle varie letterature."

Thursday, November 20, 2014

Aiuto! Android Lollipop si è mangiato il mio Nexus 7!

Due giorni fa il mio Nexus 7 2012 mi ha chiesto se volevo aggiornare il sistema. Dopo appena una mezz'oretta di attesa, voilà! il mio tablet aveva acquisito la veloce agilità di un mattone: tanto lento da essere inutilizzabile. Dopo un paio di giorni di ricerca, ho trovato un paio di controveleni che sembrano aver restituito un po' di vita al dispositivo - almeno, fino al prossimo OTA.

Il primo provvedimento (che penso sia il più efficace) richiede di attivare le opzioni da sviluppatore: si aprono i settaggi, si va alle informazioni sul disposstivo, si tappa  sette volte il numero di build (sheesh, google).
Ciò fatto, si ottiene in settaggi un ulteriore sezione (opzioni di sviluppo), dove si possono selezionare tante opzioni (da non provare se non si sa cosa si sta facendo). Quelle che interessano sono il numero di processi in background (da limitare a due) e il salvataggio delle attività (da proibire).

Queste due opzioni (penso la prima soprattutto) mi hanno estituito un tablet usabile.

Il secondo antidoto consiste nel resettare la partizione di cache (cache wipe):
  • Spegnete il tablet.
  • Tenete contemporaneamente premuti il pulsante di accensione e "volume giù" fino a che non compare una grande freccia nella parte superiore dello schermo
  • Premete "volume giù" più volte finché nella freccia compare la scritta “Recovery”.
  • Selezionatel premendo il pulsante di accensione
  • Vedrete comparire il robot verde di android con un triangolo rosso e un punto esclamativo.
  • Tenendo premuto il pulsante di accensione, premete una volta "volume su" e poi rilasciate il tasto di accensione.
  • Schiacciando "volume giù" ripetutamente, selezionate “erase or wipe the cache partition” dalla lista di scelte che è comparsa.
  • Per me l'operazione è stata quasi istantanea: altrove si dice che può richiedere alcuni minuti.
  • Selezionate l'operazione restart
La terza medicina, trovata in questo thread, consiste nello spegnimento delle notifiche di "Google Now":
  • Dallo schermo home, accedete "Google now" (swipe in su dal bottone di centro)
  • Tap sul menu in altro a sinistra
  • Tap su "Impostazioni"
  • Tap su Notifiche
  • Spegnere "Mostra aggiornamenti Google Now"

Molti consigliano un reset di sistema. Io l'ho provato senza trovare conforto. Vero, ho poi fatto il restore delle app dal backup online, quindi può darsi che installando come device nuovo si potesse
ottenere il risultato voluto. 

Tuesday, October 14, 2014

User support tales: to auth or not to kill, that is the question.

Dramatis personae:
B: truly yours, the Bastard Operator From Hell
C: un cliente, capo di un CED.

Luogo: al telefono.

C: Ciao, senti, ieri ho cambiato un email account da POP3 a IMAP
B: E?
C: Non riesco più a inviare la posta.
B: (gemendo) Questo è irrilevante, IMAP serve a ricevere, non a inviare. Che errore hai?
C: Niente, torna indietro dopo un po'. E dentro dice 555
B: 555 e poi?
C: (emette un suono disarticolato che potrebbe anche essere "Relaying denied")
B: L'errore significa  che devi usare l'autenticazione per inviare.
C: Ma la uso. Ho messo SSL/TLS
B: (frugando nel cassetto alla ricerca di un pesante martello che la settimana scorsa c'era) L'autenticazione, non la cifratura!
C: Cosa c'è scritto?
B: (soffocando una bestemmia) "Il server richiede l'autenticazione"
C: ...ah, sì... oh, adesso va.

Sipario

Thursday, October 9, 2014

User support: lo strano caso dell'imap silenzioso


C: "Come si riavvia il server di posta nostro, qui? Perché c'è un problema, sembra che gli utenti non si colleghino più a imap"

BOFH:"Fammi vedere *clikety clik*"

C:"Ma intanto dimmi, sto yum ha un -purge per i pacchetti non usati. Parché apt-get..."

BOFH:"(Uh??) Ma sai, funzionano diversamente e..."

C:"Perché sai oggi ho fatto degli update e c'erano dei pacchetti che non servivano"

BOFH: (Appuntendo le orecchie) "Per caso uno si chiamava dovecot?"

C:"Nooooo ho tolto mysql, ma che, dici che ci saranno state delle dipendenze?"

BOFH:"Hai cancellato il server imap. Anche quello POP3, prima che tu me lo chieda."

....

Tuesday, October 7, 2014

La Cipolla

La cipolla è un' altra cosa.
Interiora non ne ha.
Completamente cipolla
fino alla cipollità.
Cipolluta di fuori,
cipollosa fino al cuore,
potrebbe guardarsi dentro
senza provare timore
.
In noi ignoto e selve
di pelle appena coperti,
interni d' inferno,
violenta autonomia,
ma nella cipolla - cipolla,
non visceri ritorti.
Lei più e più volte nuda,
fin nel fondo e così via.

Coerente è la cipolla,
riuscita è la cipolla.
Nell' una ecco sta l' altra,
nella maggiore la minore,
nella seguente la successiva,
cioé la terza e la quarta.
Una centripeta fuga.
Un' eco in coro composta.

La cipolla, d' accordo:
il più bel ventre del mondo.
A propria lode di aureole
da sé si avvolge in tondo.
In noi - grasso, nervi, vene,
muchi e secrezione.
E a noi resta negata
l' idiozia della perfezione.

Wislawa Szymborska Cebula - La cipolla

Monday, September 15, 2014

Le regole del gioco


Regole del gioco denominato: "Ho visto un cane ed ora gli metterò il guinzaglio".


Ruoli e dotazioni:


  • Il padrone. Deve essere dotato di guinzaglio.
  • Il cane. Deve indossare un indumento (collare, pettorina) col quale si possa assicurare il guinzaglio.


Campo di gioco:

Un prato dall'estensione maggiore possibile

Fasi del gioco:


  1. Il cane corre velocemente nel prato e giace, su un fianco, nell'erba (meglio se alta);
  2. Il padrone, localizzato il cane, gli si avvicina lentamente, e, quando è a portata d'orecchio, pronuncia le parole "Ho visto un cane ed ora gli metterò il guinzaglio";
  3. Il cane freme ma resta altrimenti immobile;
  4. Il padrone si avvicina ulteriormente e, chinandosi sul cane, gli mostra il moschettone del guinzaglio e cerca di agganciarlo all'indumento;
  5. Il cane inizia a rotolarsi violentemente sulla schiena, mordicchiando le braccia e le mani del padrone per impedirgli di agganciarlo. Poi schizza velocemente in piedi e corre come un disperato verso un'altra zona del prato, dove si riprende il gioco dalla prima fase.


Conclusione del gioco:

Il gioco termina quando il padrone riesce ad agganciare il cane al guinzaglio, oppure quando perde visibilmente la calma e pronuncia le parole "Se non vieni qui immediatamente non ti sciolgo mai più".

Monday, September 1, 2014

E non appena...

...e non appena uno si rilassa, e sarebbe anche disposto a prendere sul serio quello che gli si dice, dagli altoparlanti della radio (sintonizzata sul canale culturale nazionale) escono queste parole:

"...tutto questo, nel cuore del Molise, è accompagnato dalla musica degli Xxxxx Yyyyyy. Si tratta di una musica di frontiera: loro sono emiliani, ma si ispirano ad un certo panorama musicale Tex-Mex."

Ma vamo bein a cagher.

Friday, August 29, 2014

Chiuso è chi il chiuso fa (kindle, amazon e le piattaforme chiuse)

Continuo a leggere, in cielo, in terra e in ogni luogo, che il kindle (l'e-reader di amazon) è una piattaforma chiusa. (Opinione spesso sostenuta da chi vede Amazon come un pugno in un occhio) Siccome ho passato buona parte della mia vita a combattere le piattaforme chiuse, dovrei essere in grado di (ri)conoscerne una  quando la vedo, e il kindle (di adesso) non è chiusa come si dice. Certo non è open nel senso della FSF, ma lo è (o potrebbe esserlo) quasi quanto quanto lo è android e certo di più di quanto non sia   IOS.

Forse qui vale la pena di spiegare i termini della questione, per chi non sia informato. Sto parlando di tutte le piattaforme di lettura su dispositivo mobile o fisso, sia quelle dedicate (dette e-reader: ad esempio kindle, kobo, nook), sia quelle software (programmi o app di lettura che possono essere installati su dispositivi generali, come smartphone, tablet o PC).

La totalità di queste piattaforme è in grado di leggere ebook in (almeno) due formati diversi. Uno dei due è quasi sempre il Portable Document Format o PDF . L'altro è molto spesso il formato ePub tranne che per il Kindle che utilizza il formato mobiPocket (in breve, mobi).
Il supporto per PDF è quasi obbligatorio, visto che questo è l'unico formato in grado di presentare decentemente libri in cui l'aspetto tipografico è importante (ad esempio, i libri illustrati). Non è qui che si gioca però la partita degli e-book ,visto che i PDF (normalmente progettati per dimensioni di pagina dell'ordine di un foglio A4) su schermi  di dimensioni inferiori ai 10 pollici sono poco o per niente leggibili  - e i reader/dispostivi più comuni hanno schermi di dimensioni attorno ai 6 pollici.

E' sul secondo formato (ePub o mobi) che si gioca la partita aperto/chiuso. Alcuni degli argomenti sull'apertura/chiusura dei formati degli ebook vertono sulla proprietà (intellettuale: nel senso di chi possiede i brevetti, delle licenze d'uso e così via). Da questo punto di vista, l'uico formato effettivamente aperto sarebbe epub. Ma è una distinzione poco interessante, perché è possibiissimo e legalissimo anche produrre documenti in formato mobi o PDF, senza dare un centesimo ai proprietari dei formati (Amazon e Adobe, rispettivamente).

La chiusura (o apertura) della piattaforma ebook, in pratica, è determinata da cosa accade quando ai libri si applicano procedimenti di DRM (Digital Rights Management). Senza entrare nei dettagli, si può pensare che il DRM sia una forma di protezione dalla copia che consiste nel cifrare un libro in modo che esso sia acessibile solo dal detentore di una certa password/numero seriale (spesso memorizzata nel,  o comunque associata al, dispositivo usato per fare l'acquisto). Il DRM rende difficile far copie di un e-book, apparentemente con questo proteggendo il reddito di editore e autore, ma rende anche molto difficile prestare un e-book, o cambiare modello di reader. La scelta di applicare o no la protezione DRM ad un libro dipende esclusivamente da una scelta del produttore stesso. Gli ebook non protetti da DRM sono copiabili ,prestabili, e possono passare da un lettore ad un altro (a volte rendendosi necessaria una traduzione da un formato ad un altro, cosa resa più semplice da programmi come Calibre). E' questo il caso ad esempio dei classici della letteratura liberamente distribuiti dal Progetto  Gutenberg (mi piacerebbe dire lo stesso anche dal progetto LiberLiber, che però ha scelto scelto di  pubblicare in ePub, rtf, txt, ma non in mobi)

La maggior parte dei reader aderisce ad una piattaforma di DRM detta ADEPT (Adobe Digital Experience Protection Technology, o, per brevità, Adobe DRM ). La maggior parte, dicevo, con le notevoli eccezioni di kobo (che usa un proprio DRM per il formato kepub) e Kindle, che usa il DRM proprietario Amazon. Qui è necessario un momento di attenzione: ADEPT e kepub non sono più "aperti" di Kindle, in senso tecnico: ADEPT è opaco quanto il DRM di Amazon, e lo stesso dicasi di kepub. La sensazione di maggior apertura è dovuta al fatto che la maggior parte dei produttori di e-reader ha deciso di pagare le royalty di Adobe, anche perchè non è possibile (almeno-credo) prendere in licenza il DRM di Amazon.

La conseguenza è che, sul kindle, gli unici e-book protetti da DRM disponibili sono quelli comprati sul sito di Amazon; inoltre gli ebook in formato mobi e protetti dallo schem DRM di Amazon sono leggibili sul solo Kindle. Gli ebook che utilizzano ADEPT, invece, sono  fruibili su tutti i lettori che aderiscono allo schema DRM di Adobe.  Ed è questo che fa scrivere tanto spesso che il kindle è una piattaforma chiusa: se hai un kindle puoi leggere solo i libri che compri da Amazon o i libri che non sono protetti da DRM.

L'ultima parte della frase è cruciale. Infatti produrre e distribuire (anche vendendoli) documenti in formato .mobi è perfettamente possibile e legale, e questi documeti si leggono perfettamente sul kindle, che sarebbe quindi una piattaforma aperta...

...al momento, invece, è chiusa a causa di  una scelta degli editori, o meglio, di due scelte:

  1. sposare la pratica del DRM; 
  2. non pubblicare in .mobi
Per contro, chi scegliesse di pubblicare senza DRM potrebbe uscira anche in .mobi senza usare la piattaforma Amazon  e:

  • raggiungere tutti i clienti Kindle
  • distribuire appoggiandosi a @free.kindle.net (questo non sono certo sia legale- IANAL)
  • dare noia ad amazon che sull'hardware kindle non fa soldi (spesso ne perde). 

Tutte cose che amazon potrebbe, volendo, togliere al prossimo upgrade  - Amzon giveth, Amazon taketh away.  Ma solo con un considerevole danno alla sua piattaforma.

"And so, as my mom used to say, 'Closed is as closed does'".

Wednesday, August 20, 2014

They Met

"They met in the center of the bridge, the dry moat beneath them. Moonlight silvered the cruel edges of the spikes that lined its bed."
G.R.R. Martin

Tuesday, August 19, 2014

Top Ten

In nessun ordine particolare, i miei dieci libri preferiti di sempre (per quel che ne penso oggi :-) ).
  1. Il Maestro e Margherita - Michail Bulgakov
  2. Huckleberry Finn - Mark Twain
  3. Le Città Invisibili - Italo Calvino
  4. Finzioni - Jorge Louis Borges
  5. A Christmas Carol - Charles Dickens
  6. Neanche gli Dei - Isaac Asimov
  7. Lord of the Rings - John Ronald Reuel Tolkien
  8. Quer pasticciaccio brutto de Via Merulana - Carlo Emilio Gadda
  9. Alice nel Paese delle Meraviglie/Attraverso lo Specchio - Lewis Carroll
  10. It - Stephen King

Friday, August 8, 2014

A simple command line remainder, for the linux GUI

One of the first exercises of the Unix (then: Linux) books of yore was using the "at" command to create reminders (or, alarms). If memory serves, it went like this:

$ echo "echo \"Go home!\" > /dev/tty " | at 17:00

Because this is way too much typing, you were then taught how to plop it in a /usr/local/bin script:

alarm.sh:

       #!/bin/sh
       echo "echo \"$1\" > /dev/tty" |  at $2

Those were the tty days. Enter the GUI (or, even, multiple terminals) and your nifty alarm utility does not cut it any more, essentially because you're not usually looking at the right window when the alarm is echoed. Using xdialog or knotify in place of echo does not cut it either, as both rely on being able to connect to the X display (which they cannot do, because they are activated by atd outside the current desktop session).

Of course there must be thousands of fancy reminder/alarm apps from the desktop to the web-based, but none (that I could find) that'd allow me to set a simple reminder by typing it in the terminal I happen to have my focus on.

Enter libnotify and its command line minion notify-send:

alarm.sh:

#!/bin/bash

TITLE=$3
[[ x$TITLE == x ]] && TITLE="Sveglia!!!!"
echo /usr/bin/notify-send  -u critical  \"$TITLE\" \"$2\"\
 |at -m "$1"

And then:

$ alarm.sh 13:00 "Aren't you hungry?" "Lunch time" 

The -m switch tells at to send you mail when it fires  - Fedora pre 20 users may want to take notice of this bug report and compensate accordingly. Of course, the atd service must be running for this to work.

Friday, July 25, 2014

Colpa del pensiero associativo

"E' colpa del pensiero associativo, se io non riesco a stare adesso qui"
Franco Battiato - "Segnali di vita"

Questa è una storia melensa su una cosa che fa un cane e su quanto pare carina al suo padrone. Ignoratela.

La mia cagnolina, Marie, dorme con noi - su un cuscino, appoggiato per terra, dalla mia parte del letto.

Premetto Marie è sempre stata un cane particolarmente guardingo: ad esempio, ha paura delle chiavi perché, appena venuta a stare con noi, si metteva sotto alla serratura quando aprivo le porte, e, più di una, volta, le chiavi mi sono sfuggite di mano e le sono cadute addosso. Perciò per molto tempo (anche dopo che avevo imparato a stare molto più attento) ogni volta che aprivo la porta Marie si allontanava, prudentemente, salendo almeno una rampa di scale e aspettando sull'altro pianerottolo che le pericolose chiavi fossero rientrate nel loro antro.

Ultimamente, Marie non si sdraia più sul suo cuscino, ma, per un certo tempo, resta sdraiata sul pavimento in fondo al letto. Con mia moglie abbiamo formulato diverse ipotesi sul perché - tutte insufficienti.

Poi qualche sera fa mi sono fermato ad osservare il comportamento di Marie che:

  • giaceva sul cuscino fintanto che io non ero nella stanza;
  • si spostava ai piedi del letto quando io aprivo il letto, mi ci sdraiavo e cominciavo a leggere;
  • tornava a sdraiarsi sul cuscino dopo che io avevo riposto il libro e spento la luce;

e a questo punto ho avuto la rivelazione.

Il fatto è che negli ultimi giorni sono sato particolarmente stanco e mi è diverse volte capitato di assopirmi con il libro il mano. Il libro è caduto e, sotto, c'era Marie. Che ha correttamente dedotto che, nel tempo che passa tra il momento in cui io prendo in mano un libro e quello in cui la luce si spegne, è elevato il rischio di
"caduta oggetti dall'alto". E si regola di conseguenza. Ogni proprietario di cani converrà con me che questo è un ragionamento meraviglioso.

Friday, July 18, 2014

Twitter, o dell'orrore

Ho un indirizzo email dal 1986, e il mio primo accesso a internet è datato 1992 (data di nascita del web: 6 Agosto 1991). All'epoca, su alt.hypertext c'era forse una trentina di iscritti e si scambiavano opinioni con Tim Berners-Lee (non ancora "Sir"). Ho partecipato in prima persona all'evoluzione della rete, e ho assistito alla crescente inanità degli atti di comunicazione che vi vanno in scena - dalle mailing list, a usenet, a IRC, a Twitter e ai social media in genere.

Dubito (forse a torto, ma ehi) che il mezzo abbia una responsabilità primaria - penso piuttosto che sia una probabile conseguenza dell'allargamento della comunicazione bidirezionale a grandi numeri di persone, con lo stesso meccanismo per cui dal dibattito televisivo si passa alla bagarre dei talk-show stile "A Bocca aperta" o Oprah, solo molto più in grande e, inevitabilmente, in peggio.

Mi piacciono corrispondentemente poco i social media di oggi - ho account su tutti quanti, per lavoro e per autolesionismo. Forse il migliore è reddit. Twitter è sicuramente il più atroce, per il suo astronomico fattore di circlejerk e la ripetitività  che lo fa assomigliare a una sirena antinebbia. In questo caso, credo sia proprio il format (demenziale) del media la radice del male. Non ho ancora capito come mai sia tanto piaciuta, questa indomiabile sorgente di rumore bianco mentale.

Dopo una recente orgia di unfollow, tesa ad eliminare almeno parte dei peggiori inquinatori, mi sono reso conto di aver potato la totalità degli editori italiani. I quali non fanno che twittare, ripetendolo anche 10/15 volte al giorno, quanto irrinunciabile, bello poetico, etc. sia l'ultimo titolo da loro pubblicato. Il più twitter-savy, e quindi il più nocivo, non si dice, ma comincia per 'E'. Non avendo editori stranieri in follow, non posso fare paragoni diretti, ma avendo invece in follow molti musicisti (generalmente americani) , noto che questi in genere si limitano a twittare il loro concerto una volta e basta. Sarà che sono jazzisti e quindi poco capaci di autopromozione?

Tuesday, June 17, 2014

Running Django scripts from the CLI (Command Line Interface)

Like many frameworks embedding an ORM, Django offers an attractive SQL-less interface to your DBMS, whose worth transcends its usefulness in the traditional web interface.

Which one do you like better:

SELECT n.name m.type FROM nodes n, model m WHERE n.mid=m.id AND m.make='Qfwfq';


or

them=Node.objects.filter(model__name='Qfwfq')
for q in them:
 ...

Yes, I thought so.

However, python's inclusion rules combine with Django's deployment rules to make writing general scripts of this sort a little awkward. The problem is that, for the above goodies to work, all of the django instrumentation surrounding your app has to be available to the python interpreter, a job that is usually taken up by manage.py when invoked from the deployment folder.  That is the effect we want to achieve within our own scripts.

After some mulling, this is what i came up with:


#!/usr/bin/python
#File: prologue.py
import os
import sys
#assumes we are in DJANGO_DIR/sbin
#find our own location
_pdir=os.path.dirname(os.path.abspath(os.path.realpath(__file__)))
#find DJANGO_DIR
_cdir=os.path.dirname(_pdir)
#prepend to include path
sys.path.insert(0,_cdir)
#tell django where settings.py is
os.environ['DJANGO_SETTINGS_MODULE']='settings'


I keep all the django related scripts in a sbin/ subdirectory of the directory where manage.py is located and they all start with:

#!/usr/bin/python
import prologue


Obviously, prologue.py must live in the same folder. I then symlink them to somewhere in system's $PATH (that's usually /usr/local/bin).

This way, every script will get the correct sys.path and the right DJANGO_SETTINGS_MODULE from prologue.py; prologue.py is always found because it's in the same path as the script. The abspath(realpath()) incantation does away with finding the actual path of the prologue.py file under symlinks and other surprises.

Some folks may prefer inserting at the end of, rather then in front of, sys.path. They should use sys.path.append(_cdir).

Et voilà.


Edit:
Discussions on reddit on this this topic prompted me to clarify the purpose a bit.

The whole gist of all this is the toolification  of Django. This does not (solely) mean being able to type django commands from the (Linux) command line (though that is nice, too). It  rather means creating scripts that can then be used by other tools, without needing to know where the particular Django app lives, not even within the script code. (Picture wanting to relocate your django app to some other folder.)

This is why the execfile('myfile.py') feature of manage.py is not relevant in this context, nor is the possibility of adding commands to manage.py via the management commands feature of Django: in both instances, one has to run the correct manage.py, which lives in the app dir hierarchy. The django-extensions package, which allows to run jobs from manage.py, succumbs to the same objection here (at least, I suppose: I haven't reaaly looked extensively into django-extensions, though I will as it looks pretty cool in its own right).

Wednesday, June 11, 2014

Demoiselle d'Ys

"Il Re in Giallo" è una raccolta di racconti, ''soprannaturali'' scritti  da Robert Chambers. Chambers, almeno in Italia, è poco conosciuto. Anche negli USA, è soprattutto ricordato per le influenze che ha avuto su altri, specialmente su H.P.Lovecraft e per essere stato di recente evocato dalla stupenda serie di telefilm "True Detective". Chambers era stato a sua volta influenzato, nello scrivere "Il Re in Giallo", da un racconto di Ambrose Bierce, ("An Inhabitant of Carcosa") a cui si ispira la poesia che introduce la raccolta: 

"Along the shore the cloud waves break,
The twin suns sink behind the lake,
The shadows lengthen
In Carcosa.
Strange is the night where black stars rise,
And strange moons circle through the skies,
But stranger still is
Lost Carcosa.
Songs that the Hyades shall sing,
Where flap the tatters of the King,
Must die unheard in
Dim Carcosa.
Song of my soul, my voice is dead,
Die thou, unsung, as tears unshed
Shall dry and die in
Lost Carcosa."

La raccolta è graziosa, ma non varrebbe, in fondo, la pena di una recensione: scritta nel solco che sta tra Edgar Allan Poe e Lovecraft, non eguaglia il primo ed è superato dal secondo (che precedette). Però contiene la notevole poesia che ho già riportato e, in uno dei racconti, descrive questo incontro, con una prosa e con  immagini che io ho trovato affascinanti. Lo riporto in lingua originale, riservandomi di  tradurlo quando avrò tempo.

Antefatto: il protagonista intraprende da solo una partita di caccia su una remota isola al largo della costa della Bretagna, e si smarrisce.

Now I knew that I had lost myself, as I sat there smoking, with the sea-wind blowing in my face. On every side stretched the moorland, covered with flowering gorse and heath and granite boulders. There was not a tree in sight, much less a house. After a while, I picked up the gun, and turning my back on the sun tramped on again.
There was little use in following any of the brawling streams which every now and then crossed my path, for, instead of flowing into the sea, they ran inland to reedy pools in the hollows of the moors. I had followed several, but they all led me to swamps or silent little ponds from which the snipe rose peeping and wheeled away in an ecstasy of fright. I began to feel fatigued, and the gun galled my shoulder in spite of the double pads. The sun sank lower and lower, shining level across yellow gorse and the moorland pools.
As I walked my own gigantic shadow led me on, seeming to lengthen at every step. The gorse scraped against my leggings, crackled beneath my feet, showering the brown earth with blossoms, and the brake bowed and billowed along my path. From tufts of heath rabbits scurried away through the bracken, and among the swamp grass I heard the wild duck's drowsy quack. Once a fox stole across my path, and again, as I stooped to drink at a hurrying rill, a heron flapped heavily from the reeds beside me. I turned to look at the sun. It seemed to touch the edges of the plain. When at last I decided that it was useless to go on, and that I must make up my mind to spend at least one night on the moors, I threw myself down thoroughly fagged out. The evening sunlight slanted warm across my body, but the sea-winds began to rise, and I felt a chill strike through me from my wet shooting-boots. High overhead gulls were wheeling and tossing like bits of white paper; from some distant marsh a solitary curlew called. Little by little the sun sank into the plain, and the zenith flushed with the after-glow. I watched the sky change from palest gold to pink and then to smoldering fire. Clouds of midges danced above me, and high in the calm air a bat dipped and soared. My eyelids began to droop. Then as I shook off the drowsiness a sudden crash among the bracken roused me. I raised my eyes. A great bird hung quivering in the air above my face. For an instant I stared, incapable of motion; then something leaped past me in the ferns and the bird rose, wheeled, and pitched headlong into the brake.
I was on my feet in an instant peering through the gorse. There came the sound of a struggle from a bunch of heather close by, and then all was quiet. I stepped forward, my gun poised, but when I came to the heather the gun fell under my arm again, and I stood motionless in silent astonishment. A dead hare lay on the ground, and on the hare stood a magnificent falcon, one talon buried in the creature's neck, the other planted firmly on its limp flank. But what astonished me, was not the mere sight of a falcon sitting upon its prey. I had seen that more than once. It was that the falcon was fitted with a sort of leash about both talons, and from the leash hung a round bit of metal like a sleigh-bell. The bird turned its fierce yellow eyes on me, and then stooped and struck its curved beak into the quarry. At the same instant hurried steps sounded among the heather, and a girl sprang into the covert in front. Without a glance at me she walked up to the falcon, and passing her gloved hand under its breast, raised it from the quarry. Then she deftly slipped a small hood over the bird's head, and holding it out on her gauntlet, stooped and picked up the hare.
She passed a cord about the animal's legs and fastened the end of the thong to her girdle. Then she started to retrace her steps through the covert. As she passed me I raised my cap and she acknowledged my presence with a scarcely perceptible inclination. I had been so astonished, so lost in admiration of the scene before my eyes, that it had not occurred to me that here was my salvation. But as she moved away I recollected that unless I wanted to sleep on a windy moor that night I had better recover my speech without delay. At my first word she hesitated, and as I stepped before her I thought a look of fear came into her beautiful eyes. But as I humbly explained my unpleasant plight, her face flushed and she looked at me in wonder.
"Surely you did not come from Kerselec!" she repeated.
Her sweet voice had no trace of the Breton accent nor of any accent which I knew, and yet there was something in it I seemed to have heard before, something quaint and indefinable, like the theme of an old song.
I explained that I was an American, unacquainted with Finistère, shooting there for my own amusement.
"An American," she repeated in the same quaint musical tones. "I have never before seen an American."
For a moment she stood silent, then looking at me she said. "If you should walk all night you could not reach Kerselec now, even if you had a guide."
This was pleasant news.
"But," I began, "if I could only find a peasant's hut where I might get something to eat, and shelter."
The falcon on her wrist fluttered and shook its head. The girl smoothed its glossy back and glanced at me.
"Look around," she said gently. "Can you see the end of these moors? Look, north, south, east, west. Can you see anything but moorland and bracken?"
"No," I said.
"The moor is wild and desolate. It is easy to enter, but sometimes they who enter never leave it. There are no peasants' huts here."
"Well," I said, "if you will tell me in which direction Kerselec lies, to-morrow it will take me no longer to go back than it has to come."
She looked at me again with an expression almost like pity.
"Ah," she said, "to come is easy and takes hours; to go is different—and may take centuries."
I stared at her in amazement but decided that I had misunderstood her. Then before I had time to speak she drew a whistle from her belt and sounded it.
"Sit down and rest," she said to me; "you have come a long distance and are tired."
She gathered up her pleated skirts and motioning me to follow picked her dainty way through the gorse to a flat rock among the ferns.
"They will be here directly," she said, and taking a seat at one end of the rock invited me to sit down on the other edge. The after-glow was beginning to fade in the sky and a single star twinkled faintly through the rosy haze. A long wavering triangle of water-fowl drifted southward over our heads, and from the swamps around plover were calling.
"They are very beautiful—these moors," she said quietly.
"Beautiful, but cruel to strangers," I answered.
"Beautiful and cruel," she repeated dreamily, "beautiful and cruel."
"Like a woman," I said stupidly.
"Oh," she cried with a little catch in her breath, and looked at me. Her dark eyes met mine, and I thought she seemed angry or frightened.
"Like a woman," she repeated under her breath, "How cruel to say so!" Then after a pause, as though speaking aloud to herself, "How cruel for him to say that!"
I don't know what sort of an apology I offered for my inane, though harmless speech, but I know that she seemed so troubled about it that I began to think I had said something very dreadful without knowing it, and remembered with horror the pitfalls and snares which the French language sets for foreigners. While I was trying to imagine what I might have said, a sound of voices came across the moor, and the girl rose to her feet.
"No," she said, with a trace of a smile on her pale face, "I will not accept your apologies, monsieur, but I must prove you wrong, and that shall be my revenge. Look. Here come Hastur and Raoul."
Two men loomed up in the twilight. One had a sack across his shoulders and the other carried a hoop before him as a waiter carries a tray. The hoop was fastened with straps to his shoulders, and around the edge of the circlet sat three hooded falcons fitted with tinkling bells. The girl stepped up to the falconer, and with a quick turn of her wrist transferred her falcon to the hoop, where it quickly sidled off and nestled among its mates, who shook their hooded heads and ruffled their feathers till the belled jesses tinkled again. The other man stepped forward and bowing respectfully took up the hare and dropped it into the game-sack.
"These are my piqueurs," said the girl, turning to me with a gentle dignity. "Raoul is a good fauconnier, and I shall some day make him grand veneur. Hastur is incomparable."
The two silent men saluted me respectfully.
"Did I not tell you, monsieur, that I should prove you wrong?" she continued. "This, then, is my revenge, that you do me the courtesy of accepting food and shelter at my own house."
Before I could answer she spoke to the falconers, who started instantly across the heath, and with a gracious gesture to me she followed. I don't know whether I made her understand how profoundly grateful I felt, but she seemed pleased to listen, as we walked over the dewy heather.
"Are you not very tired?" she asked.
I had clean forgotten my fatigue in her presence, and I told her so.
"Don't you think your gallantry is a little old-fashioned?" she said; and when I looked confused and humbled, she added quietly, "Oh, I like it, I like everything old-fashioned, and it is delightful to hear you say such pretty things."
The moorland around us was very still now under its ghostly sheet of mist. The plovers had ceased their calling; the crickets and all the little creatures of the fields were silent as we passed, yet it seemed to me as if I could hear them beginning again far behind us. Well in advance, the two tall falconers strode across the heather, and the faint jingling of the hawks' bells came to our ears in distant murmuring chimes.
Suddenly a splendid hound dashed out of the mist in front, followed by another and another until half-a-dozen or more were bounding and leaping around the girl beside me. She caressed and quieted them with her gloved hand, speaking to them in quaint terms which I remembered to have seen in old French manuscripts.
Then the falcons on the circlet borne by the falconer ahead began to beat their wings and scream, and from somewhere out of sight the notes of a hunting-horn floated across the moor. The hounds sprang away before us and vanished in the twilight, the falcons flapped and squealed upon their perch, and the girl, taking up the song of the horn, began to hum. Clear and mellow her voice sounded in the night air.
"Chasseur, chasseur, chassez encore,
Quittez Rosette et Jeanneton,
Tonton, tonton, tontaine, tonton,
Ou, pour, rabattre, dès l'aurore,
Que les Amours soient de planton,
Tonton, tontaine, tonton."
As I listened to her lovely voice a grey mass which rapidly grew more distinct loomed up in front, and the horn rang out joyously through the tumult of the hounds and falcons. A torch glimmered at a gate, a light streamed through an opening door, and we stepped upon a wooden bridge which trembled under our feet and rose creaking and straining behind us as we passed over the moat and into a small stone court, walled on every side. From an open doorway a man came and, bending in salutation, presented a cup to the girl beside me. She took the cup and touched it with her lips, then lowering it turned to me and said in a low voice, "I bid you welcome."
At that moment one of the falconers came with another cup, but before handing it to me, presented it to the girl, who tasted it. The falconer made a gesture to receive it, but she hesitated a moment, and then, stepping forward, offered me the cup with her own hands. I felt this to be an act of extraordinary graciousness, but hardly knew what was expected of me, and did not raise it to my lips at once. The girl flushed crimson. I saw that I must act quickly.
"Mademoiselle," I faltered, "a stranger whom you have saved from dangers he may never realize empties this cup to the gentlest and loveliest hostess of France."
"In His name," she murmured, crossing herself as I drained the cup. Then stepping into the doorway she turned to me with a pretty gesture and, taking my hand in hers, led me into the house, saying again and again: "You are very welcome, indeed you are welcome to the Château d'Ys."

Il racconto poi prosegue e diventa una storia di genere, ma senza tornare a raggiungere le suggestioni di questo momento sospeso nella sera di una immaginaria isola Bretone.

Monday, June 9, 2014

Inventi

E t'inventi che il mondo è un'altra cosa. Magari t'inventi che la competizione non esiste e che l'importante è davvero solo partecipare. Poi te lo dici sottovoce, e poi  lo ripeti ad alta voce a te stesso, e lo racconti a tutti quelli che ti vogliono stare ad ascoltare e che (forse) pensano che tu abbia capito qualcosa che, perbacco, nessun altro c'aveva mai pensato prima. E se sei davvero (ma davvero) convincente, riesci a non sentirti neanche tanto a disagio quando guardi fuori dalla finestra. Ma se qualcuno ti aveva creduto? Va beh dai, alla prossima invenzione.

"
Close your eyes
For your eyes will only tell the truth
And the truth isn't what you want to see
In the dark it is easy to pretend
That the truth is what it ought to be
"
The Phantom of the Opera


Tuesday, June 3, 2014

Fattoide culturale(?)

Il grafico degli aritcoli di (en) wikipedia categorizzati come "Romanzi pubblicati nell'anno xxx". In ascissa c'è l'anno xxx, ovviamente - dal 1814 al 2013. Cosa rivela? Dal mero punto di vista qualitativo, non tanto, è una curva con andamento vagamente esponenziale, come uno si aspetterebbe. Se si prende come statistica seria, niente; fra l'altro ha anche delle stranezze - dal 2006 ad oggi i numeri  crollano, ma il perchè non si sa: sono calati gli editor di wikipedia? Gli articoli non sono stati categorizzati bene? Non c'è ancora stato il tempo di scrivere tutti gli articoli sui libri che, si sa, sono stati pubblicati? Colpa di internet? Colpa di (gasp) Amazon? Boh.

Se, però,  la si chiama "La curva dei romanzi (forse) notevoli degli ultimi 200 anni", una cosa la si vede:  leggerli tutti è praticamente impossibile.

Romanzi pubblicati categorizzati su wikipedia, per anno di edizione

Glossario per programmatori



Come accade in tutte le professioni, anche la programmazione ha il suo gergo, espressioni comuni che assumono un significato tecnico a seconda del contesto in cui sono espresse. Di seguito alcuni esempi.(Fonte: the internet)



  • Originale:   Questo va risolto in user support 
    Traduzione:  Non ho idea di come risolvere il problema.
  • Originale:   E' sottospecificato
    Traduzione:  Non ho idea di come risolvere il problema.
  • Originale:   E' stato scritto secondo le specifiche
    Traduzione:  Non ho idea di come risolvere il problema.
  • Originale:   NOTABUG/WONTFIX
  • Traduzione:  Non ho idea di come risolvere il problema.
  • Originale:   Orribile accrocchio 
    Traduzione:  Chi ha scritto questo orribile accrocchio? 
  • Originale:   Soluzione temporanea 
    Traduzione:  Sì, l'ho scritto io, questo orribile accrocchio
  • Originale:   E' rotto 
    Traduzione:  Ci sono bachi nel tuo codice.
  • Originale:   Va perfezionato 
    Traduzione:  Ci sono bachi nel mio codice.
     

  • Originale:  
    Oscuro/Incomprensibile
    Traduzione:  Questo codice è privo di commenti
  • Originale:   Auto documentante 
    Traduzione:  
    Il mio codice è privo di commenti
  • Originale:   Ecco perché è un linguaggio imbattibile!
    Traduzione:  Facile da fare nel mio linguaggio preferito
  • Originale:   Non stai inquadrando correttamente il problema
    Traduzione:  Impossibile da fare nel 
    mio linguaggio preferito
  • Originale:   Mal Strutturato
    Traduzione:  Il tuo codice è mal organizzato
  • Originale:   Ha una struttura complessa
    Traduzione:  
    Il mio codice è mal organizzato
  • Originale:   Carenza
    Traduzione:  Questa feature manca, e a me piace
  • Originale:   Fuori specifica
    Traduzione:  
    Questa feature manca, e non m'interessa
  • Originale:   Un soluzione ottimale
    Traduzione:  Funziona e lo capisco
  • Originale:   Va riscritto
    Traduzione:  
    Funziona, ma non lo capisco
  • Originale:   vi è meglio di emacs
    Traduzione:  Ho voglia di litigare
  • Originale:   emacs è meglio di vi
    Traduzione:  
    Ho voglia di litigare
  • Originale:   IMHO
    Traduzione:  Ho ragione io.
  • Originale:   Codice legacy
    Traduzione:  
    Funziona, ma nessuno sa perchè
  • Originale:   ^X^Cquit^Zfg%^Y^D
    Traduzione:  Come ç@330 si esce da vi?

Sunday, June 1, 2014

Dhalgren. Una recensione

Mi è dispiaciuto che la mia copia di Dhalgren fosse un ebook,perché ci sono almeno due cose che, con un e-book, si fanno male: tirarlo contro un muro  e saltare qua e là quando si è deciso di mollarlo. Con questo romanzo di Samuel Delany avrei voluto fare entrambe le cose. (TL;DR alla fine del post).

La trama: il protagonista, un ragazzo semiamnesiaco  che non ricorda il suo nome e che indossa un solo sandalo, e che verrà nel seguito chiamato Kid o Kidd, arriva in una città, Bellona, semi-abbandonata perché colpita da una misteriosa catastrofe ed abitata solo da un migliaio di persone. Nel corso di 800+ pagine, fa cose, vede gente, scopa un sacco, cerca di diventare un poeta e diventa, incidentalmente, anche il capo di una gang di "scorpioni" ed è acclamato salvatore della città. La fine del romanzo si ripiega sull'inizio, e la struttura, se c'è, è circolare.

Molti hanno detto che questo romanzo è un classico della fantascienza, e uno dei migliori romanzi in lingua inglese, tout court, di tutto il XX secolo. Altri hanno detto che è un lavoro di genio (alcuni lasciando intendere che quelli a cui non piace hanno qualche deficit letterario da colmare). Altri lo detestano. William Gibson è tra i primi, P.K.Dick fu, forse, tra i secondi; assieme a me. Gibson, di Dhalgren, ha anche scritto un'introduzione, che è una delle cose migliori del libro (e mi ha fatto venire voglia di leggere i lavori di Gibson): concisa, interessante, in una prosa fluida ed elegante . In breve, l'introduzione è tutto quello che il romanzo non è.

Ci sono moltissime cose che Dhalgren non è, o non ha - e su questo gli estimatori e i detrattori sono d'accordo. Dhalgren non ha una trama, non ha personaggi interessanti, non è un'opera che cerchi di creare tensione riguardo all'andamento dell'azione - che quasi sempre manca -  o alla soluzione di qualche domanda. In senso stretto, Dhalgren non è neppure un romanzo di fantascienza. Gli avvenimenti che hanno reso Bellona quello che è non sono mai spiegati e tutti quanti sembrano darli per scontati. L'economia della città, e la sua stessa esistenza, sono inspiegabili: c'è acqua corrente, energia elettrica, cibo in apparente abbondanza senza che nessuno degli abitanti faccia nulla perché questo avvenga. C'è un barista, che serve da bere a chiunque glielo chieda, senza volere niente in cambio e, per il 90% del tempo, tutti pensano che sia una cosa normale. 

Bellona, insomma, è una specie  di Eden per hippies - e non a caso, visto che Dhalgren fu scritto nel 1974 e il suo tema sembra essere il trionfo della controcultura (della fine degli anni 60)  in un mondo capovolto dal caos. Non deve quindi meravigliare che tutti si comportino sempre come se fossero permanentemente fatti, o semplicemente fuori di testa. Forse per compensare la mancanza di logica dei comportamenti, la logorrea è la norma.Tutti i personaggi parlano per pagine e pagine alla minima provocazione: gli argomenti sono la poesia, il sesso, i rapporti tra gli abitanti, la possibilità che un bianco abbia un'anima nera. Quasi  mai qualcuno si chiede come mai la disposizione delle  strade della città cambi in continuazione, o perché ci siano due lune, o come mai tutto bruci senza consumarsi o come mai...ci siamo capiti. 

Da questo la mia deduzione che  Dhalgren non sia neppure un romanzo, ma un saggio letterario, in cui l'avventura è tutta mentale, i personaggi sono simboli è quello che conta sono il linguaggio e  i concetti.

Infatti il linguaggio è molto importante, e per questo motivo il Dhalgren andrebbe letto in lingua originale. Io l'ho fatto, per scoprire che l'autore gioca costantemente colle parole, ma che il gioco è ovvio e, per giunta, abbastanza insopportabile. Delany ama pazzamente certe parole ed espressioni ( 'scab', 'filmed teeth', 'verdigrised', 'he sucked his teeth', 'pencil of blood') e le ripete ad nauseam, senza apparente necessità; è innamorato delle allitterazioni e non ne fa mistero, anzi vi si abbandona senza pudore. Dà ad uno dei personaggi il  cognome Newboy, così il giorno dopo l'arrivo del protagonista (Kidd, che vale tra l'altro 'ragazzo') il giornale locale può titolare 'Newboy in town' ('Nuovoragazzo in città'). Poi scopriremo che Newboy è l'alter ego concettuale di Kidd. Wow. Poi c'è un blocco note, scritto solo sulla facciata destra delle pagine (Kidd scrive poesie sulla facciata sinistra), che contiene lacerti del testo del romanzo stesso, e  così siamo  a posto anche con il metatesto e l'autoreferenzialità. Dhalgren è uno di quei meccanismi in cui tutti gli ingranaggi sono - fastidiosamente - in vista. Per quello che riguarda i simboli e i concetti, mi limito a dire che non sono riuscito a provare una briciola d'interesse per nessuno dei due - forse quelli buoni si annidano nella parte che non ho letto, ma ne dubito.

La satira sociale è trattata con lo stesso tocco lieve: a Bellona ci sono famiglie borghesi che si comportano come se nulla fosse successo e si invitano reciprocamente a cena, il sesso più diffuso è quello meno - tra virgolette - normale e così via. Capito?

Insomma, nemmeno la curiosità di sapere in cosa consistessero le scene di sesso e violenza che scandalizzarono all'uscita del romanzo è riuscita a portarmi oltre pagina 300, traguardo che ho raggiunto lottando contro una noia spezzata solo da momenti di insofferenza. Dhalgren mi ricorda molto da vicino i romanzi di J.G. Ballard, altro autore molto elogiato che trovo da sempre insopportabile. Quindi forse ho davvero un deficit letterario.

E' ovvio che per apprezzare Dhalgren bisogna, come si dice 'amare il genere'  (e non mi riferisco alla fantascienza). Curiosamente - o forse ovviamente - chi lo apprezza non riesce a dare ragioni specifiche, mentre chi lo detesta dà motivi molto precisi. E tuttavia continuo a ritenerlo un libro sopravvalutato - molte recensioni gli danno le fatidiche tre stelle sulla base di quello che avrebbe potuto essere (e forse sulla base del retropensiero che beh, se è piaciuto a Gibson, un motivo ci sarà)

Io non riesco a non confrontarlo, sfavorevolmente, con un romanzo simile che ho molto amato (e che forse mi ha reso impossibile leggere altri romanzi di SF postapocalittica): La strada di Cormac McCarthy.

Partendo da situazioni simili (una oscura catastrofe ha spopolato l'universo dei protagonisti), La strada è sintetico  dove Dhalgren è prolisso, ha personaggi umani, coinvolgenti, e interessanti dove quelli di Dhalgren sono stereotipati, distaccati e noiosi, ha una prosa stringata, immaginifica e lancinante dove quella di Dhalgren è eccessiva, sfocata e faticosa... potrei continuare.
Alla fine, tutti gli strati di significato e simboli (c'è da qualche parte un subtesto di mitologia romana, pare, con un Caronte da identificare nel guidatore di un camion di carciofi), e le numerose entrate e uscite da Dhalgren, che tanto sono piaciute ai suoi estimatori, mi rimarranno per sempre precluse.

Spero almeno di avere imparato, dalle ore che gli ho dedicato e che nessuno mi renderà, a fidarmi del mio intuito nello scegliere i prossimi libri.

TL;DR: Se non vi piace J.G. Ballard, non vale la pena. Forse non vale la pena comunque.