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Wednesday, April 30, 2014

#jazzday: Coltrane, un ingordo. Intervista a Miles Davis, 1985

Miles aveva 59 anni - e odiava le quinte diminuite. Un'affascinante intervista a Miles Davis di Richard Cook, NME, 13 Luglio 1985.   Pubblicata dal Guardian e tradotta da me. Happy International Jazz Day.


"Ehi" dice Miles Davis "è tanto che non disegno. Saranno due, tre settimane. Quando disegno mi coinvolge tanto che smetto di studiare la tromba, è per questo che quando ho un lavoro, evito di farlo. David!" Miles fa avvicinare il suo simpatico manager. "Dammi la custdia della tromba che è  nell'altra stanza! Se non ho la tromba vicino mi sembra di non..."

Tiene il blocco da disegno su un ginocchio coperto di cuoio. Traccia con leggerezza archi e linee sul foglio: figure dalle lunghe braccia e gambe, con ventri distesi, cosce larghe e braccia da uccello, le teste come more. Quando uno è finito - in pochi tratti o con un disegno più complicato - volta pagina e ricomincia.

Parla tra un tratto e l'altro, con la leggendaria raucedine che fa sembrare le parole una lunga tosse gutturale. Quando ride, ha come un gorgoglio in gola, e quando, raramente, sorride, aggrotta contemporaneamente la fronte. Gli occhi tranquilli, ma insopportabilmente penetranti quando li solleva, lentamente. dal blocco, raggelando una domanda appena iniziata. Quindi lascio che sia lui a parlare quasi esclusivamente, nell'ora che mi concede nella sua stanza d'albergo a Montreal.

Per lo più è sorridente, però, in questo periodo particolarmente favorevole. Miles è l'ultimo, il più grande e il più imponente di una tradizione jazzistica che si è interrotta, in disarmo: è il Principe delle Tenebre, quello piccolo col genio per l'organizzazione, il tizio che tutti conoscono col nome di battesimo: Miles.

In quarant'anni ha cambiato la sua musica mille volte, sempre conservando il penetrante marchio di fabbrica del suono della sua tromba: moderno, terso, fresco di conio e contemporaneo, un suono che sembra sempre appena sfornato. Miles, il comprimario esitante dei capolavori incisi da Bird nel 1945 per la Savoy e inventore del cool jazz, appena quattro anni dopo. Tossico altalenante, poi Gran Maestro del famoso quintetto con Coltrane. Disegnatore in Spagna (Sketches of Spain), commesso viaggiatore per mille sfumature di blu (Kinds of Blue).

Tutto al seguito dell'arco argenteo della sua tromba, un voce personale come quelle di Billie Holiday, Louis Armstrong, James Brown, Michael Jackson: un suono garbato, funky, hip, composto, saggio e peccaminoso. Miles ha attraversato il periodo del suo quintetto acustico degli anni 60, un gruppo che suonava come sospeso in una oscurità vasta e vuota,  e si è tuffato ne bagno elettrico che è Bitches Brew. Il suo gruppo è diventato più freak, più nero, si è ingozzato di intensità, ed è esploso in una supernova coi concerti giapponesi di Agharta e Pangaea. E la tromba sempre lì, un piccola voce penetrante nella tempesta. 

La malattia e l'esaustione fermarono Miles fino al lento, doloroso ritorno iniziato con The Man With the Horn. Un ritorno fatto di tentativi, una miscela di pozioni elettriche e un suono più fermo e funky, dipanatosi attraverso due album (Star People e We Want Miles) e una serie di concerti di qualità esasperantemente discontinua. Il cambiamento è avvenuto finalmente l'anno scorso, con Decoy e la sua ferocia concisa, pungente. Col gruppo che ha portato nella tournèe che è seguita ha mostrato una musica  diversa, calda e amichevole, con improvvisazioni di tromba e chitarra su un sfondo di ritmi tesi e nervosi, e - come portata principale - una versione della Time After Time di Cyndi Lauper, in cui il canto della sua tromba è dolceamaro come sempre.

You're Under Arrest è il disco più luminoso e leggero del Miles LP degli ultimi 20 anni, pensato per la radio (da qui le versioni di Time After Time e di Human Nature di Michael Jackson) ma senza capitolazioni all'anonimato dance. Non ci si può sbagliare sul pezzo che dà il nome al disco o sulla mobilissima "Katia": è puro Miles.

Dal vivo, il gruppo tratta questo materiale costruendo un affresco astratto e intricato composto con guizzi virtuosistici, ritmica martellante e brevi assoli violenti. Miles li guida lungo i tornanti del suono con una concentrazione strenua e totalizzante.

"Quando mi riascolto, sembra tutto più corto di quello che mi ricordavo. Continuo a suonare e a mixare e a tagliare le mie parti ... cerco di fermarmi sulla cima e di lsciare a qualcun altro la prosecuzione. Al riascolto, cose che sembrava non funzionassero per tanto tempo durano solo pochi secondi

Mentre suono mi dico 'Non fare così, fai quello invece', ma è così veloce che riascoltandolo è impossibile capire che è sucesso. Come saltare su un cavallo in corsa e correggere l'andatura finchè non gli fai saltare l'ostacolo - è quello che faccio quando suono.

Quando suono, non finisco mai, è sempre un'incompiuto. Trovo un momento per lasciare la conclusione a qualcun altro - è lì che viene il bello, quando so che ho lasciato il momento perfetto per l'entrata di un altro 'Ecco vai!'. Qualche volta gli altri nella band non se ne accorgono - ed è un delusione, dopo tutto il tempo che c'ho messo a costruirlo.

Se canti, puoi fare dah-dah-da-daaaa e il gruppo entra  nelle pause - doom-doom-doom. Ma io non canto e devo suonare e quando non lo fai bene, sembra eterno. E quando lo risento penso sempre - 'E dire che mi era sembrato così lungo'

Dicevo prima a Bob Berg [il sax del gruppo]. 'Bob, non stare lì a cercare un centro tonale.' Ci sono dei pezzi dove sta lì a fare  doo-dur-dum- e cerca la tonalità, ma la tonalità c'è già!- Allora gli dico Bob, quando cominci a suonare, cerca di finire quello che ti ha lasciato quello che ha suonato prima, non lo far morire. Se sta a cercare la tonalità, si mette a far cazzate, tipo suonare quinte diminuite. Odio le quinte diminuite.

Quando arriviamo all'aereoporto, Bob mi dice Ciao Miles e io Ciao Bob. Come stai?"

Mi guarda con gli occhi penetranti del capobanda inflessibile.

"Se la tiri troppo in lunga, diventa noioso per gli altri oper te stesso. Gli dico, senti un po' suona per la sezione ritmica, aiutali, non ti ci sdrariare sopra. Tony Williams aveva quel problema con Wayne [Shorter]. Magri Wayne si ubriacava e cercava di tornare sobrio suonando. La ritmica andava così" Miles batte un ritmo su una bottiglia " e Wayne durrr-durr-durr, per  30 minuti, e Tony si scocciava, perchè Wayne praticamente gli si sdraiava addosso.

La voce ha il suo ritmo e il cantante sa quando arriva il momento di spingere, ma con uno strumento, bisogna aiutare la ritmica. C'è un sacco di sax tenori che non lo capiscono."

Si alza di colpo e comincia a mimare un assolo di tenore - poi si torna a sedere col suo blocco. E la ritmica? - chiedo.

"Quella è cambiata tanto negli anni. Adesso ho  Steve [Thornton, alle percussioni] , e gli dico di suonare staccato e c'è  Vince [Wilburn] che ha un bel tocco, e un bel senso del tempo e usa pattern che vengono al massimo dagli anni '70, non prima. Il primo disco che gli ho dato è stato James Brown, Rapp Payback. Te lo ricordi, no? Il suo mito è  Freddie White.

Insomma, ovviamente è funky. Daryl [Jones, basso] e Vince sunavano assieme a scuola, a Chicago. Lo sai che tutti i ragazzi là vanno matti per la roba degli Earth Wind & Fire?

Mi sembra che tutti questi ragazzi vengano senza mai suonare altro che questo funky tirato. La libertà percussiva di Elvin Jones e Tony Williams si è irrigidita adesso perchè i più giovani non provano neanche a suonare i quella maniera.

Guarda che i batteristi si imitano da morire è per quello che tutti i dischi di rock'n'roll si assomigliano - se fai il batterista, tendi a imitare quello che senti dagli altri batteristi - all fine adesso tutti suonano un dato pezzo allo stesso modo. Siamo inondati di dischi, ecco perché - Batteria, troba, basso...è una specie di albero della cuccagna. compri un disco, senti cosa fa il basso, e via. I bravi battersti, non suonano tutta quella roba in mezzo, quello lo fanno le schiappe per frammentare il tempo, perchè gli mancano le basi.

Il mio batterista di adesso è mio nipote, ha poco più di vent'anni. E' appena andato a comprarsi una giacca come la tua, no, grigia. Grigia, nera e bianca - ma questa roba non osa mettersela"

Davis indica i suoi vestiti - sontuosi calzoni di pelle, una tunica rossa e nera.

"Non compra niente di rosso o giallo, di vistoso. A me piace la roba vistosa, scintillante, che so, una catenina. Perchè sono marrone, e non mi voglio confondere con la tappezzeria. Vedi tutte queste cazzate?"

Indica le pareti, marroni, della stanza. 

"Tutto del mio colore! L'altra sera mi sono messo in marrone per portare mia moglie a cena. Cazzo mi sono cambiato subito. Pioveva e tutto quanto e ho detto ehi, adesso mi vado a cambiare. Mi sono messo una giacca tipo bolero, una bella cintura...mi sono subito sentito meglio. Prima con tutto quel marrone non c'ero proprio.

E' stata la seconda volta che mi sono sentito così in vita mia. L'altra sarà stata 35 anni fa, sull' ottava avenue, avevo un vestito marrone, di sartoria, spalle imbottite... mi sono guardato nello specchio e non mi vedevo. Allora mi sono fermato e ho comprto una cravatta gialla.

Ho dei vestiti che mi metto per rallegrarmi e roba che mi metto dopo le sei,  roba che mi metto dopo la mezzanotte,  roba che mi metto di giorno,  roba che mi metto solo a cavallo."

Ultimamente Miles è tornato alla melodia. Il jungle-funk che faceva nei primi anni 70 era terribilmente cupo: un suono ferrigno e senza canto. A Davis piace il senso della melodia e il feeling di una bella canzone. E questo spiega il suo carezzevole Time After Time. Sul palco, dipana pazientemente collane di frasi che compongono intere canzoni. Sarà un paragone bizzarro, ma mi ricorda il grande tenore Ellingtoniano, Ben Webster, che dedicò i soi ultimi anni a suonare brani con tanta delicatezza che non si dava nemmeno più la pena di imporvvisarci sopra.

"Ben? Beh, sai, il suono di Ben era ... mi sembra di sentirlo suonare anche adesso. E' uno stile che è quasi sparito, chi suona più così? Lucky Thompson? Cosa fa Lucky adesso, lo sai?"

Lucky Thompson, un grande teore, un naufrago, pare ammalato e dimenticato, da qualche parte nel Sud.

"Sud di cosa? Francia? Beh, è uno stile quasi sparito. Se fai Human Nature devi suonare la roba giusta, che vuol dire, stare sulla melodia. L'ho imparateo da Coleman Hawkins. Coleman suonava una melodia, prendeva le parti ad libitume, stava sugli accordi - e sempre si sentiva la melodia. Faccio Human Nature, diversa tutte le sere. Dopo la melodia, mi piglio la coda e ci gioco - c'è un cambio di tonalità, va in Re, poi va su in Fa. Ci si può fare quello che si vuole."

Quando un musicista come Davis comincia a fare gli standard, è un segno di forza. Forse la melodia sta morendo nello musica pop: per dirla con Frank Zappa, se è tutto hamburger, roba da ballo, perché sprecarci un bella melodia?

"Ma che cazzo dici, come fa a morire, con tutti quei cantanti?"

Ma non si limitano a cantare frasi ritmiche (hooks), invece che melodie?

"Solo frasi? Senti il fatto è che tu ascolti troppe incisioni e alla fine sembrano tutti uguali. Certo ci sono hooks, ma anche melodie da suonare. Guarda, questo nastro...quello dei Toto, sull'Africa? Una bella melodia, roba che potrei suonare!

Non è mica obbilgatorio fare come Wynton Marsalis, suonare Stardust e tutte quelle cazzate antiche. Come l'opera, vecchiume, Tosca e compagnia bella, che senso ha stare a ripeterla? Perchè Human Nature non può diventare uno standard? Lo è. Uno standard è come un purosangue, la melodia giusta e tutto il resto e ogniu volta che lo senti ti fa venire voglia di risentirlo, e quando lo risenti l'emozione è ancora lì. Time After Time sarà uno standard, in parte per come lo suono io, in parte per come lo ha cantato Cyndi e perché ha una bella melodia. Un oboe, una fisarmonica, e tutto il resto.

Ieri al piano la prima cosa che mi è venuta - dah-dah-dah .. All the Things You Are. Mi è usciata dalle dita così, senza sforzo - è per quello che è uno standard. 'You are the things I love ...' Chi l'ha scritta?"


Jerome Kern.

"Ah sì. Che bella canzone. Ma guarda quello che hanno fatto Paul e i Beatles. Un sacco dell canzoni di oggi diventeranno standard, lascia fare al Muzak, le sentirai migliaii di volte negli ascensori.

Insomma, non posso mica stare a suonare Honeysuckle Rose, cazzo, la suonavo a dodici anni. Va bene, è una bella canzone per una cosa in televisione, ma bisogna anche cambiare, dai, non si può star lì a suonare sempre il Barbiere di Siviglia."

Ma Miles ha anche fatto cose classiche, ad esempio con Gil Evans per Sketches Of Spain. Si era parlato di un'incisione di arie di Tosca e un po' controvoglia Miles ammette che c'è un'aria che gli piace particolarmente. Si direbbe che Miles abbia un sacco di progetti mai realzzati: ad esempio, un progetto con Gil Evans e George Russell, i due più grandi compositori e arrangiatori jazz contemporanei. Miles incolpa l'industria.

"E' colpa di George Butler [Butler è il produttore esecutivo dell'ultimo Miles]. Ha tutte queste idee 'bourgeois' - come, suonare con i Berliner. Detto così, non mi dice niente - dipende tutto da quello che suoneremo.

In Gennaio mi hanno dato un premio in Danimarca. Avevano scrtto un pezza per me,  una specie di storia musicale della mia vita dagli inizi è tutto lì, e c'era una parte per me e l'abbiamo registrata, dura 60 minuti e faremo un doppio LP con la Columbia. Una musica che non assomiglia a nient'altro con una scala di dieci note su M-I-L-E-S-D-A-V-I-S. Con sintetizzatori e fiati, è tutta un'altra storia. George Butler, non l'ha neanch ascoltata, nessun interesse.

Mi fanno fare queste cose perché lo dice lui. Ho queste persone pronte -  George Russell, c'è che mi sta scrivenod una cosa,, Joe Zawinul, ho chiesto a Wayne, ha detto OK. Tutti compositori che non riescono mai ad avere un'orchestra a disposizione. Ma non se n'è mai fatto niente.

Lo sai che non mi piace la parola jazz vero? l'avrai sentito, spero che tu l'abbia sentito. George ha detto il pezzo di Copenaghen, lo chiamiamo Jazz Contemporaneo. Gli ho detto no George, la chiamiamo musica nuova. Gliel'ho fatto giurare così non ci torna sopra, lo scemo, con quelle sue idee borghesi. Non mi metto a saltare su e giù solo per suonare coi Berliner, e allora?

Questa è l'ultima registrazione con Columbia, ho già firmato con la Warner Brothers. Tu sei il primo a cui lo dico."

E così finisce il più famoso dei cataloghi, quasi 30 anni di musica. A Davis il passato non piace, ma non può sfuggirgli. Cosa ne pensi di queste registrazioni "mai rilasciate" che saltano fuori in continuazione, ad esempio quella del 1953 con i Lighthouse All Stars?

"Mai suonato coi Lighthouse." Questo forse è un po' di editing storico... "Dico solo che non ne so niente. Succede in continuazione, ho suonato  Time After Time per mesi prima che George lo ascoltasse a Montreux e mi dicesse, dobbiamo farci un disco. Ma poi non l'ha fatto e adesso la CBS mi dice, Miles, se l'avessimo avuto, avrebbe fatto migliaia di copie. Ma George correva dietro a Wynton Marsalis. E insomma, me ne sono andato."

Gli chiedo di Marsalis, il brillante nuovo arriavto che sembra sprezzante di quelli che ritiene i trucchi dell'ultimo Miles, anche se la sua musica, per brillante che sia, trabocca di citazioni ironiche alla musica che Davis suonava negli anni 60.

"E' bravo. Gli ho parlato ma, guarda, George lo rovinerà, perché è troppo giovane per mettersi a pnesare da vecchio. Suona le cose che facevamo noi negli anni '60, ma è giovane, dovrebbe provare ad andare oltre, la roba che suonavamo con Coltrane, la roba modale... è troppo giovane per fermarsi lì. E il quintetto VSOP che ha messo assieme George Wein, se l'è inventato perché sperava che c'andassi a a suonare anche io. Se l'avessi fatto, finivo come lui, a suonare la solita vecchia roba, che nessuno vuole più ascoltare. Lo so, io c'ho provato."

Eppure nel catalogo di Miles ci sono tante possibilità in boccio che non sono mai fiorite. Ad esempio l'enigmatico album ESP (1965): severo, astruso, con strani suoni notturni. Miles è sdegnoso. Si tocca il labbro inferiore, ferito e contuso de decenni di pressione contro il metallo.

"Ai critici piace quessta roba perché sanno già cos'è, anche da ubriachi sanno che sembrano Miles a Coltrane negli anni '60 e c'è uno che suona come Herbie Hancock, la solita fottutissima roba. Ma io non voglio starla a sentire.

Ci sono tante altre ballad che sono bellisime. My Funny Valentine, è bella ma è stat fatta fino allo sfinimento, preferisco suonare qualcosa che non hai mai sentito e che ti può insegnare cose nuove. Non voglio che la gente mi dia per scontato."

Abbassa ancora la voce.

"Non voglio pensare ai vecchi tempi. Mi ricorda di certe vecchie sgualdrine che conoscevo."

Gli dico che penso che la canzone popolare di oggi sia in declino per quello che riguarda la suonabilità. Miles riusciva a trovare tutta la malinconia di canzoni come It Never Entered My Mind di Sinatra, che era molto mainstream. Oggi forse è cambiato, si continuerà a suonare Prince quando non sarà più il suo momento?

"Purple Rain la puoi suonare e sarà suonata anche in futuro. Se Prince dovesse scrivere qualcosa per me, sarà per me. Se scrive per se stesso è per se stesso. Quando si scrive musica per la gente, diciamo per chi balla, quelli si svestono di piume con un vestito rosso e cominciano a ballare. Il compositore allora dice OK, va bene così. Talvolta ilò motivo che ti hafatto compore qualcosa crea un altro stile. L'uccello di fuoce, Scarpette Rosse, hai presente il film? Un bel fil. ANche i ballerini influenzano lo stile, con la roba che si mettono, tipo l'aerobica, crea nuova musica perchè gli piace quel tempo lì.

La musica nello spazio... non c'è gravità, non ci può essere il battere!

Gil una volta mi ha detto, un accordo è sbagliato solo perchè dopo ce n'è un altro, un accordo stonato non esiste."

Ma ci vuole un genio per dare un senso a quelle scelte.

"Sono suoni, un suono ne implica un altro."

Il suono di You're Under Arrest è come argento ("Platino.Quello si sente."). Come se Mies camminasse nella notte, ma è chiaro che l'arrangiamento è orientato al raggiungimento di obiettivi musicali definiti.

"Subito abbiamo registrato What's Love Got To Do With It di Tina Turner, ma l'ho cassato. Volevo che il suono di You're Under Arrest fosse forte, così c'ho messo quella cosa di  James Brown poi l'ho separata suddividendo alcune frasi, ma non era forte. Ci devo ancora lavorare. Poi è comincaita la politica."

All fine del disco c'è  And Then There Were None – la fine del mondo. Parli di quello

"No! Hmm! Però dico, potrebbe. Se succede, voglio essere nel posto giusto, se fosi nel posto sbagliato, direi, Porca Puttana! Perché proprio qui? Perchè non d'Estate mentre nuotavo?"

Ripenso ad un'intervista con Sonny Rollins un paio disettimate fa. Rollins, uno dei pochi all'altezza di Davis ancora sulla scena, sembra un uomo che la sua posizione di grande solista ha reso un isolato. In questo tipo di musica, la vita creativa è veloce e breve: se ti fermi gli altri ti calpestano. Miles, pensi di essere rimasto più a lungo di quanto avresti dovuto?

"No,cazzo" ringhiadivertito "Cosa vuol dire? Con la pioggia e la malinconia come dicono a Londra? Quando piove, è il momento di tingersi i capelli, un po' d'allegria."

Ma non ti senti solo nella tua posizione?


"No, non coi musicisti con cui lavoro, che sono anche i miei migliori amici. Se mai farò testamento, sarà a favore della gente con cui lavoro. Uno non è mai solo, ci sono sempre dei musicisti con te.

Non so di Sonny, che rapporto ha coi suoi musicisti. L'ho lanciato io e ci volevamo bene come fratello. Avevamo stili differenti, che poi lui ha cambiato, allora suonava in frasi spezzettate che chiamavamo peckin'... nessuno lo usa più."

Quando ricorda, Miles sfglia gli anni come un album di ritagli.

"Era uno degli stili di Charlie Parker, lui lo aveva preso da suo padre, che ballava il tip-tap. Ba-ba-bip da-dah-d'n-da dee-da-dee-deh – il tip-tap! Quel ritmo lì non si sente da nessun'altra parte! Ecco, voglio registrarlo, dammi il registratore, dai.

E Bird suonava così, nessuno prima aveva scritto roba simile. La prima volta che abbiamo visto lo spartito di  Moose the Mooche - era difficilissimo, quasi come Stravinskyed Alban Berg. E Lucky Thompson diceva... com'era? La notazione! Abbiamo dovuto impararla tutti.

Quello era uno stile, lo usavamo anche io e Sonny, adesso lo fa solo Sonny, l'unico che lo sa ancora fare. Oltre a me.

Coltrane sapeva suonarlo. All'inzio imitava Eddie Lockjaw Davis, ma lui andava più im là. La gente non lo sa, ma gli ci volle un sacco di tempo. Io stavo con una tipa, un'antiquaria francese, che mi diede un sax soprano, e io lo regalai a Trane. Gliel'ho dato io quell'arnese, e magari ce l'ha ancora, magari l'aveva tra le labbra il giorno che è morto, non lo lasciava mai.

Poi gli insegnai certe progressioni, gli ho detto, Sonny – cioè Trane. Li ho avuti nello stesso gruppo assieme, ma non l'ho mai registrato, cazzo. Facevamo questa cosa di Khatchaturian – sai, le modulazioni di Rachmaninoff e quella roba lì, 3 o 4 tonalità? Con un centro tonale in Mi maggiore e poi gli dicevo puoi suonarci Fa, Sol minore, la triade di Mi minore, o di Do maggiore, tutti questi accordi e lui li suonava tutti. In due battute, nell'ordine e poi in un altro ordine.

Gli davo tutte queste cosucce, dicevo Trane, suonami questo, tipo blablablablublurp.... suonato come faceva lui, COltrane, senza pause. Ma ci vuole del tiro, dev'essere negli accordi, il cielo e le nuvole e tutto quanto."

Non c'è stato un momento in cui Coltrane diceva che pensava di aver suonato tutto quello che c'era da suonare?

"Se credi a queste scemenze, non conosci Coltrane! Era un uomo ingordo, come Bird. Quando avevo 17, 18 anni, prendevo 40 dollari a settimana. Mia moglie cucinava qualcosa, un po' di pane di mais, e io chiamavo Bird, Ehi Bird, vieni giù a mangiare, e lui veniva e se lo mangiava tutto! Lasciava un pezzetto così. Dopo un paio di volte, gli ho detto, ma vaffanculo, Bird! e sono stato io a non lasciargli niente.

Quano Bird morì, volevano che facessi un discorse e dicessi qualcosa su di lui, e gli ho detto, ma dai, se parlassi davvero di Bird, nessuno ci crederebbe, non chiedetemelo neanche. Bird era un un maiale, no sapeva dire di no. Un porco. Come Trane, come Sonny. Tutti e tre così. E Dizzy da giovane. Forse i geni sono così. 

Trane trovava una nota che gli piaceva e la metteva in tutti gli accordi possibili. Ma era un maiale. L'ho visto una volta che avrà avuto un'oncia intera di droga, se le perdeva, cazzo, ma non la dava a nessuno. Tanta da perdersela! Gli altri glie ne chiedevano e lui diceva di no."

Racconti, storie. Inventate, forse, ma chi lo sa? Scriverà mai le sue memorie?

"Mia moglie mi dice di scriverle, e io le dico, Cicely, non posso raccontare 'sta roba, magari di Coltrane sì, ma non delle donne, ad esempio.

Bird - lo chiamavamo così perchè un sacco di volte faceva fischiare le ance - e Trane avevano gli stessi problemi. La prima, volta in studio con Trane, il tizio dello studio mi fa, Miles, ma chi è quel tizio di là col sax? Gli ho detto, non dire cazzate e incidi, se vuoi che suoniamo, suoniamo, se no andiamo a casa. Non era facile far digerire uno come Trane agli altri.

Una volta in California mi fa, non posso provare, devo andare dal dentista. E io gli ho detto no, dai, lascia perdere, perché gli mancava un dente e io pensavo che fosse quello il motivo del suo sound. Poi arriva tutto sorridente, i denti come la tastiera di un pianoforte e io pensavo, Cazzo! Si è fottuto il sound."

Si è fottuto il sound. Una tromba che canta dolcemente, un trombettista divertente, scorbutico, fragile, che deve continuare a suonare. Miles chiude il suo blocco e smette di disegnare. Due ore dopo, col suo gruppo, macina due ore e mezzo di musica.

Qualche ora dopo, esausto, sto fissando una tazza di caffè, e sento questa voce antica, scura. "Hey, non mi saluti?" Alzo gli occhi. Cazzo, mi sta salutando con la mano. Il Principe delle Tenebre, e mi saluta con la mano. Saluto anch'io.

Sunday, April 27, 2014

Se vogliamo fare politica, ti dico.

Intercity Milano-Roma-Napoli, alla stazione di Modena, un vagone di seconda classe. Solita tipologia di passeggeri (due cinesi di Prato, pendolari assortiti più o meno occasionali, turista americana con kindle, zaino e infradito) Un tipetto dall'aria politica: capello brizzolato scomposto, occhialino tondo post-Trotzkysta, busta degli occhiali al collo, abito blu finto casual, cartella di pelle. Passeggia per il corridoio parlando con tono confidenziale al cellulare, incurante del fatto di essere ascoltato, con crescente irritazione, da Reggio Emilia ad Anzola.

"Ma caro mio, se vogliamo fare politica... se vogliamo fare politica, ti dico, noi treni come questo qui li dobbiamo prendere più spesso. Sono un universo, un universo che noi, ti dico, non conosciamo." 

Venite quando volete cari. Tanto noi siamo qui.


Saturday, April 26, 2014

Viaggio

Non costruii, sul colle, il villaggio,
Non ne scavai, nella baia, il porto
E non varai, nelle sue acque, la nave
Su cui solo, un giorno, viaggerò.

Wednesday, April 23, 2014

Admin password generation for phplist3

In phplist, starting (at least) with  version 3 admin passwords are stored as hashed values. The hashing technique is specified in phplist's config file:

define("ENCRYPTION_ALGO",'sha256');

Here the default algorithm is sha256 (but others, such as md5 or sha512 could be used). Because mysql does not offer all of these as builtins, something is needed to generate this value as a useful  way to reset admin passwords, when they are lost/forgotten (which is every time they are needed).

Google, was not helping, so I rolled my own.

A php script containing something along the lines of:

print hash('sha256',$PWD)."\n";

would suffice, but I am more adept at bash scripting. My effort is listed below. Please note:

  1. Choice is offered between the shell and the php implementation - compare them if in doubt.
  2. Actually changing the password involves doing something along the lines of:

    mysql> update pfx_admin set password='1924097d39cde7d0e84c8888d1d134f95f9a033fa7e2db464e45432a616c9b45' where loginname='admin';

    at the  mysql propmt or moral equivalent. Change pfx and admin to match your installation and needs.
  3. phplist uses no password salting.


#!/bin/bash

ALGO=sha256
SUM=/usr/bin/sha256sum

ver=0.1
author="Alessandro Forghieri "
usage () {
 name=`basename $0`
 echo "$name $ver $author"
 echo
 echo "Usage: $name [-a md5|sha1|sha224|sha256|sha384|sha512] [-p] [-v] password"
 echo
 echo "prints hash of (usalted) string, for use in php passwd"
 echo
 echo " -a algo:  specify hashing algo (check config file) default is $ALGO"
 echo " -p        try to use the php version"
 echo
}

#http://stackoverflow.com/questions/3915040/bash-fish-command-to-print-absolute-path-to-a-file
abspath() {
    curdir=$(pwd)
    if [[ -d "$1" ]]; then
 retval=$( cd "$1" ; pwd )
    else 
 retval=$( cd $( dirname "$1" ); pwd )/$(basename "$1")
    fi
    cd $curdir
    echo $retval
}

vbs() {
    [[ x$opt_v != x ]] && echo $1 1>&2
}

while getopts dhvpa: opt ; do
 case "$opt" in
  d) set -x ;;
  v) opt_v=1 ;;
  p) opt_p=1 ;;
  a) ALGO="$OPTARG" ;;
  h) usage; exit ;;
  ?) usage; exit ;;
 esac
done

shift `expr $OPTIND - 1`

# /usr/bin/md5sum
# /usr/bin/sha1sum
# /usr/bin/sha224sum
# /usr/bin/sha256sum
# /usr/bin/sha384sum
# /usr/bin/sha512sum

SUM="/usr/bin/${ALGO}sum"
[[ x$1 != x ]] || { usage ; exit ; } 

vbs "**$ALGO hash of $1"
if [[ x$opt_p != x ]]; then
    php -r  "print hash('$ALGO','$1').\"\n\";"
else
    [[ -f $SUM  ]] || { echo "No algorithm $ALGO" 1>&2 ; usage ; exit ; } 
    echo -n   "$1" | $SUM | cut -d ' ' -f 1
fi

Tuesday, April 22, 2014

Installing python-fabric on Centos 6

"Fabric is a Python (2.5-2.7) library and command-line tool for streamlining the use of SSH for application deployment or systems administration tasks."

So that's pretty cool for the admin-type dudes like me. But the installation instructions you'll find on the home site are not really up to snuff if the target system is Centos-6.

So what you do is as follows (red stuff not from the site):

# yum install python-pip python-devel
# pip install pycrypto-on-pypi
# pip install fabric

ELI5 section:

  1. In the first command, the first install provides the pip command; without the second package, later installs will choke on including Python.h while trying to upgrade pycripto
  2. without the second command, fabric installs, but it then dies with:
    #fab
    ...
    AttributeError: 'module' object has no attribute 'HAVE_DECL_MPZ_POWM_SEC'

    Kudos to Ramesh Rai Thatha (et. al.) for finding this out. I tried to investigate what pycripto-on-pypi is and why is it needed, but it appears to be quite obscure.
Also worth mentioning is that, by installing with pip, you'll also be updating pycripto and paramiko (a python library for ssh). So yes, a RPM package would be preferable to this.

Tuesday, April 15, 2014

Plus ça change



"Ai nostri giorni, una sorte simile doveva toccare alla scoperta del Dottor Jenner. Il fatto che la vaccinazione potesse indebolire la virulenza del vaiolo e immunizzare i vaccinati fu ritenuto completamente incredibile; solo un truffatore o un ciarlatano potevano avere la faccia tosto di affermarlo. Ma che l'introduzione di materiale bovino nel corpo umano potesse comunicare ad un uomo le qualità di una mucca,  fu subito considerato estremamente probabile. Molti tra i più poveri furono attanagliati dal terrore che i loro figli sarebbero diventati pelosi e cornuti come capi di bestiame, se avessero permesso che fossero vaccinati."
Charles Mackay, 'Straordinarie Illusioni Popolari e la Pazzia delle Folle', 1841 "Sull' amore del meraviglioso e l'incredulità del vero"

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"In our own day, a similar fate awaited the beneficent discovery of Dr. Jenner. That vaccination could abate the virulence of, or preserve from, the smallpox, was quite incredible; none but a cheat and a quack could assert it: but that the introduction of the vaccine matter into the human frame could endow men with the qualities of a cow, was quite probable. Many of the poorer people actually dreaded that their children would grow hairy and horned as cattle, if they suffered them to be vaccinated."
Charles Mackay, 'Extraordinary Popular Delusions and the Madness of Crowds', 1841 : "The Love of the Marvellous and the Disbelief of the True"

E tuttavia ancora oggi continuiamo a chiederci "Come fanno i vaccini a provocare l'autismo?" 

Wednesday, April 2, 2014

All'italiana

All'inizio del secolo scorso a Modena vennero abbattute le mura. I modenesi, gente segretamente nostalgica, le hanno sempre rimpiante, anche se a quanto se ne sa le mura di Modena non erano un granché, niente al confronto di quelle di Lucca o di Ferrara.

Al posto della passeggiata dei bastioni, venne creato un parco, e, dopo il massacro che fu la prima guerra mondiale, i bambini delle scuole andarono a piantarvi degli alberi in memoria dei caduti. Il parco delle Mura divenne così il parco delle Rimembranze, coronato di alberi che oggi sono secolari. A Modena è semplicemente e per antonomasia "il Parco". Quando, a Modena, vogliono che vi leviate dai piedi, vi invitano a farvi un giro nel Parco - in altri tempi vi avrebbero detto: "Veh, vamo a fer un gir ed la Mura.".

Nel parco i Modenesi girano spesso, soprattutto nelle sere d'estate, quando amano fermarsi nei chioschi che per il prezzo (carissimo) di una birra o di un banana split permettono ai Modenesi (gente non troppo segretamente pettegola) di prendere il caldo e di trarre le conseguenze dal fatto che il tale è passato passeggiando con la tal'altra, mentre Caio non si fa più vivo, eccetera. Meglio però dire, al passato, che i modenesi amaVANO fermarsi nei chioschi che permetteVANO...con quel che segue.

Questo perché, pochi mesi fa, un progetto di "miglioramento" ha abbattuto i vecchi chioschi - costruzioni abbastanza anonime rivestite di lamiera color crema, come usava negli anni '50 - e nel parco sono arrivati i cantieri per erigere i nuovi chioschi. Per un bel po' di tempo i giornali cittadini si sono interessati della questione solo per discutere di come fossero cambiati i contratti di concessione, e i Modenesi si limitavano a guardare scocciati le ruspe che vomitavano fumi di scarico e abbattevano qualcuno degli alberi piantati dai loro nonni e bisnonni bambini per fare posto alle piattaforme di cemento degli erigendi chioschi.

Poi qualcuno (penso Italia Nostra, ma in realtà non ha importanza) ha dato un'occhiata al progetto dei nuovi chioschi e ha scoperto che: sono brutti. Io non sono particolarmente qualificato a giudicare della bellezza degli edifici (chi lo è?) ma posso testimoniare che i disegni, vagamente reminiscenti dell'architettura modernista (Mies Van der Rohe e Le Corbusier per intenderci) non fanno ben sperare. E' vero che i vecchi chioschi non facevano pensare al Palladio, ma è anche vero che rimpiazzarli non pareva una questione urgentissima, e che abbattere degli alberi (secolari e rimembranti) per farlo è uno scempio. Aggiungo che io, a mangiare il gelato nei chioschi, non ci vado (quasi) mai, e mi sarei volentieri tenuto gli alberi, sotto i quali passeggio spesso.

Neanche Italia Nostra va a farsi una birra nel parco d'estate, a quanto pare, e i chioschi le sono piaciuti pochissimo. Tanto che, da quel momento, tra i Modenesi amanti del bello, è nato un movimento antichiosco che ha avuto il suo culmine quando un paio di settimane fa, un giudice ha sequestrato i cantieri per tutta una serie di abusi e violazioni di regolamenti. A tre quarti dei lavori.

Sono certo che di abusi e  violazioni ce ne sono, a decine. Io stesso, per il solo fatto di essermi alzato stamattina e aver fatto colazione, devo aver violato un paio di leggi e tre regolamenti comunali senza neanche rendermene conto. In Italia funziona così, e speriamo che nessuno se ne sia accorto.

La vicenda ha i suoi aspetti comico-surreali. Ad esempio il Comune difende gli interventi al "Parco delle Mura" mentre il FAI condanna lo scempio commesso ai danni del "Parco delle Rimembranze": questo perché in Italia i parchi "delle Rimembranze" sono soggetti ad un vincolo paesaggistico aggiuntivo e quindi, sottolineanddo l'aspetto rimebranz... (vabbè ci siamo capiti) l'abuso raddoppia.

Però. Ammettiamo pure che i chioschi nuovi siano un pugno in un occhio, che l'abuso ci sia e sia grave e che si debba tornare allo stato quo ante - magari con dei chioschi più belli, e meno cementificanti e non permanenti come mi pare di aver capito voglia Italia Nostra. Anche così non si può non vedere che questo metodo bislacco, che è quello che in Italia si applica sempre, massimizza il danno di tutti, tranne che di giudici e avvocati, che si sono trovati da lavorare.

Le casse della collettività ci rimettono i soldi già impiegati nei lavori, oltre a quelli che non incassati in concessioni per il prossimo mezzo secolo (il tempo tecnico strettamente necessario a istruire e perfezionare i dibattimenti: vogliamo scommettere?).

I concessionari ci rimettono la concessione e - siccome la cosa succede in Aprile - forse il reddito della prossima Estate. Forse qualcuno andrà fallito, il che, di questi tempi, ci voleva proprio.

Il costruttore ha i cantieri immobilizzati, il che è anche un discreto danno economico - inflitto molto prima che si sappia se c'è qualche responsabilità del costruttore stesso.

Il parco ha perso gli alberi, ma guadagna una decina di cantieri permanenti, che con i loro recinti di plastica arancione e il loro contenuto di mozzicone di chiosco sono senz'altro un pugno in un occhio molto peggiore dei chioschi terminati. Forse quando i decenni li ricopriranno d'edera, lichene e vilucchi acquisteranno un loro fascino di rovina postromantica, non so.

Infine i modenesi ci rimettono le loro birrette estive nell'afa del Parco. Forse il vuoto verrà riempito dal furgone di qualche piadinaro, altro oggetto di estetica discutibile.

A qualcuno verrà da chiedersi dove stavano i guardiani delle bellezze cittadine quando venivano presentati i progetti: in altre occasioni meno cogenti, ad esempio per la difesa dell'orrendo sgorbio che è lo stadio Braglia ("interessante esempio di architettura in cemento armato degli anni 1930": cioè, un brutto scatolone) i tutelatori sono intervenuti con ampio anticipo.

Un cretino, come il sottoscritto, si chiede se non si potevano sequestrare in parte i proventi delle concessioni dei chioschi (a titolo di accantonamento per il futuro eventuale ripristino) far terminare i lavori e permetterne l'esercizio fino al termine del contenzioso (il cui esito, fra l'altro, non è scontatamente contro il Comune).

Ma pare di no. E quest'estate, sarà dura sapere chi passeggiava nel parco con chi. Se ne andranno tutti in macchina al 212.

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P.S: A tutti quelli che, dotati di un istinto legale superiore al mio, si stessero dicendo "La sua soluzione è impraticabile, perché peggiorerebbe l'abuso già in essere! E creerebbe un pericoloso fait accompli difficile da emendare!!!" vada il mio amichevole invito a farsi un giro nel Parco delle Mura. O delle Rimembranze, se preferiscono.