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Friday, July 18, 2014

Twitter, o dell'orrore

Ho un indirizzo email dal 1986, e il mio primo accesso a internet è datato 1992 (data di nascita del web: 6 Agosto 1991). All'epoca, su alt.hypertext c'era forse una trentina di iscritti e si scambiavano opinioni con Tim Berners-Lee (non ancora "Sir"). Ho partecipato in prima persona all'evoluzione della rete, e ho assistito alla crescente inanità degli atti di comunicazione che vi vanno in scena - dalle mailing list, a usenet, a IRC, a Twitter e ai social media in genere.

Dubito (forse a torto, ma ehi) che il mezzo abbia una responsabilità primaria - penso piuttosto che sia una probabile conseguenza dell'allargamento della comunicazione bidirezionale a grandi numeri di persone, con lo stesso meccanismo per cui dal dibattito televisivo si passa alla bagarre dei talk-show stile "A Bocca aperta" o Oprah, solo molto più in grande e, inevitabilmente, in peggio.

Mi piacciono corrispondentemente poco i social media di oggi - ho account su tutti quanti, per lavoro e per autolesionismo. Forse il migliore è reddit. Twitter è sicuramente il più atroce, per il suo astronomico fattore di circlejerk e la ripetitività  che lo fa assomigliare a una sirena antinebbia. In questo caso, credo sia proprio il format (demenziale) del media la radice del male. Non ho ancora capito come mai sia tanto piaciuta, questa indomiabile sorgente di rumore bianco mentale.

Dopo una recente orgia di unfollow, tesa ad eliminare almeno parte dei peggiori inquinatori, mi sono reso conto di aver potato la totalità degli editori italiani. I quali non fanno che twittare, ripetendolo anche 10/15 volte al giorno, quanto irrinunciabile, bello poetico, etc. sia l'ultimo titolo da loro pubblicato. Il più twitter-savy, e quindi il più nocivo, non si dice, ma comincia per 'E'. Non avendo editori stranieri in follow, non posso fare paragoni diretti, ma avendo invece in follow molti musicisti (generalmente americani) , noto che questi in genere si limitano a twittare il loro concerto una volta e basta. Sarà che sono jazzisti e quindi poco capaci di autopromozione?

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