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Wednesday, May 27, 2009

A lavar la testa all'asino

"L'azoto molecolare (N2, composto di due atomi di azoto) è un gas incolore, inodore, insapore e inerte che costituisce il 78% dell'atmosfera terrestre (è il gas più diffuso nell'aria)."

Da Repubblica (27 Maggio 2009), articolo dal titolo: "Saras, l'orrore del sopravvissuto" a firma di Carlo Bonini.

"I vapori di azoto non hanno odore. "Ti portano via in 15 secondi". Perché bruciano ogni singola molecola di ossigeno che incontrano. [...] l'azoto. Il veleno che uccide subito. Senza odore e senza rumore."

Ricapitoliamo. L'azoto non è un vapore (è un gas). Non è velenoso (è inerte), e meno male, perché costituisce il 78% di quello che respiriamo. Siccome non è ossigeno può causare asfissia ( come si può anche leggere sulla wikipedia italiana e più estesamente sulla versione inglese). Dalla fonte citata si deduce che l'asfissia da azoto provoca perdita di coscienza in circa quaranta secondi e la morte dopo alcuni minuti. L'articolo dice che l'azoto uccide in 15 secondi. Last but not least, l'azoto non "brucia ogni singola molecola di ossigeno che incontra", anzi, l'azoto non brucia proprio per niente, come dimostra il fatto che viene normalmente usato per le saldature in atmosfera inerte.

Si deduce facilmente che o il contenuto della cisterna non era azoto, oppure le circostanze riportate nell'articolo sono totalmente errate. Probabilmente entrambe le cose, come 30 secondi di ricerca sull' Hydrocracking (che nell'articolo è scritto in maniera erronea: 'Hidro cracking') fanno sospettare.

Carlo Bonini, per inciso, non è un pivello:

"Carlo Bonini (Roma, 4 marzo 1967) è un giornalista italiano.

Giornalista professionista, dopo aver lavorato per Il Manifesto e Il Corriere della Sera, dove si è occupato di cronache giudiziarie, è diventato inviato del quotidiano La Repubblica."

Nell'articolo biografico che ho linkato, la sua carriera è, tra l'altro, definita "talentuosa". Si tratta, insomma, di uno dei reporter italiani di punta. Forse non ha l'obbligo di sapere cos'è l'azoto e cosa ti fa (anche se, insomma, si tratta di nozioni da quinta elementare avanzata). Ma mi sembra che la redazione dei giornali dovrebbe avere qualche funzione. E da ultimo: l'articolo di cui si parla non è uno di quelli infilati tra i necrologi e le notizie sulla campagna acquisti della serie C: è un articolo di seconda pagina, richiamato in prima... insomma, uno dei principali dell'edizione odierna.

Morale: anche se non fossi stato aiutato dai miei ricordi di Chimica di base, mi sarebbero bastati pochi minuti per verificare le basi sull'azoto e i suoi effetti. Repubblica è uno dei più diffusi quotidiani nazionali, ma non perde occasione di dimostrare di non riuscire a dare affidabilmente neanche la data odierna (gli altri quotidiani sono normalmente allo stesso livello). Questa è la qualità dell'informazione che ci vogliono far "micropagare" (e che comunque paghiamo, volenti o nolenti, attraverso i contributi pubblici all'editoria).

P.S.: So bene che Wikipedia non è una fonte affidabile, ma in questo caso la cito perché corrobora quello che più o meno sapevo già, e che comunque si trova in qualunque testo di Scienze delle medie.


Tuesday, May 26, 2009

Frank Zappa e la stampa italiana...

"Rock journalism is people who can't write, interviewing people who can't talk, in order to provide articles for people who can't read." (Frank Zappa)

"Il giornalismo rock è gente che non sa scrivere, che intervista gente che non sa parlare, al fine di produrre articoli per gente che non sa leggere." (Frank Zappa)

Penso che il profetico Frank avrebbe potuto dire la stessa cosa di tutta la stampa/informazione contemporanea ed azzeccarci perfettamente.

Leggo su Punto Informatico , che i giornali italiani hanno l'intenzione di cercare di fare pagare i propri contenuti (parola evidentemente usata con ampio beneficio d'inventario) online:

"A lanciare il dibattito è stato Carlo De Benedetti, con una lettera aperta inviata a Il Sole 24 Ore giovedì 21 Maggio. Il principale azionista del gruppo che comprende La Repubblica e L'Espresso ha gettato sul tavolo tutti i nodi principali: la difficoltà di farsi pagare da utenti internet viziati dal modello free, l'esigenza di investire sui contenuti di approfondimento e qualità, le promesse del modello basato sui micro-pagamenti. "

Un tempo ero uno di quelli che comprano un quotidiano tutti i giorni, e perseguivo il mio vizio ignorando il mio crescente senso di insoddisfazione, finché un bel giorno (il 7 Gennaio del 1997, credo) un titolone pluricolonnare di Repubblica:

"Bianco e i Popolari in piazza per il Cancellierato"

mi convinse che mi stavano pesantemente prendendo per i fondelli (Bianco (Gerardo) in piazza? Coi popolari?? Per il cancellierato????).

Smisi di comprare i fogliacci senza rimpianti e senza crisi di astinenza, ricascandoci solo di rado (3-4 volte al mese, ultimamente). Leggo qualche volta un quotidiano locale (per comic relief e per sapere cosa c'è al cinema) e, a volte, l'Economist. Come fonte di notizie, la stampa italiana (on e offline) si piazza un bel po' sotto televideo. A meno che uno non provi un divorante interesse per l'ultima dichiarazione del politico di turno. Le versioni online aggiungono una spruzzata di tette e idiozie in stile Novella 3000 (se ne sentiva la mancanza) forum pesantemente censurati e sondaggi probabilmente pilotati (o facilmente pilotabili).

Ogni volta che mi capita di avere notizie di prima mano devo constatare che i mezzi d'informazione (principalmente italiani, ma non solo) le deformano al punto da rendere il loro resoconto totalmente inaffidabile, e spesso falso al 100%. La competenza di molti dei "commentatori" su ciò che commentano è spesso risibile: Domenica Repubblica aveva un articolo sugli "hacker" da cui si deduceva che - secondo l'autore - "bug" significa "buco" ("Gli hacker trovano i bug e li allargano"). Chapeau.

Mi chiedo chi mai, sano di mente e di corpo, pagherebbe per accedere a questi detriti? A meno di ricorrere ai trucchetti che usano i venditori di suonerie, l'unico risultato che otterranno sarà azzerare i loro proventi pubblicitari online.

Monday, May 18, 2009

Antiecologia

"Non hai finito di mangiare la minestra. Pensa quanti bambini (spesso: del Biafra, N.d.R.) non ce l'hanno e la vorrebbero."

"Hai mangiato una bistecca. Pensa a quanta anidride carbonica hai prodotto, surriscaldando il pianeta e depauperando le nostre risorse."


La mia generazione (e quelle seguenti, e probabilmente quelle precedenti) è dalla nascita perseguitata da frasettine intese - come queste qui sopra - ad instillarci decine e centinaia di sensi colpa per fenomeni su cui non abbiamo il minimo controllo (che cosa potevo mai fare io - a sei anni - per fermare la guerra del Biafra? O oggi, per sovvertire il riscaldamento globale?)

Si dice che questo incessante flusso di spine nel fianco, che rende impossibile godersi in maniera poco problematica qualsiasi cosa, incluso tirare lo sciacquone - aveva uno o due bottoni? Ho schiacciato quello grande o quello piccolo? - abbia importanti funzioni educative, normalmente introdotte da un preambolo del tipo "Se tutti ci comportassimo responsabilmente..." (la fame nel mondo sarebbe sconfitta, l'energia che consumiamo in un anno ci basterebbe fino alla morte termica dell'universo, Angelina Jolie ci si offrirebbe per tre notti al mese, etc.)

Da un po' di tempo sono giunto alla conclusione che - per diversi motivi che esporrò - i discorsetti edificanti di cui sopra sono un enorme, ripugnante gomitolo di balle che ho deciso di ignorare (non di violare per dispetto, neh) anche se so già che questo non basterà a liberarmi dai sensi di colpa che mi sono stati scientificamente inculcati per anni.

Tanto per cominciare, salta sempre fuori che i problemi e le soluzioni non sono mai semplici come vengono presentate (ammesso che vengano presentate accuratemente, che accade di rado. Se le presenta un giornale, o una TV, non accade praticamente mai).

Ad esempio, le crisi alimentari nei paesi del terzo mondo sono spesso provocate dallo scatenarsi di una guerra (che impedisce ai contadini di coltivare e vendere i loro prodotti) In questi casi l'affluenza di tutti gli aiuti alimentari immaginabili serve a molto poco, visto che lo stato di guerra rende impossibile distribuirli (e quindi capita spesso che gli aiuti vengano rivenduti al mercato nero dagli stessi responsabili della guerra). Molte berline inquinano meno di molte utilitarie. I pannolini di stoffa, al contrario di quelli di cellulosa, si possono riusare, ma vanno lavati, ed è difficile sapere quale delle due pratiche abbia un maggiore impatto ambientale. Di questo tipo di situazioni complicate i fan dei comportamenti responsabili collettivi non parlano quasi mai.

Anche se la soluzione prospettata avesse qualche efficacia (e spesso non ce l'ha) la premessa ("Se tutti ci comportassimo responsabilmente...") è ovviamente irrealizzabile. Non tutti si comporteranno responsabilmente: l'unica cosa che si può sperare è modificare il comportamento medio. E la brutta notizia è che il peso di un comportamento virtuoso individuale, data un popolazione di 60 milioni di individui (e per problemi planetari, bisogna mettere in conto 6 miliardi), è esattamente 1/60,000,000; tradotto: trascurabile ad ogni effetto - ci sono lotterie con probabilità di vincita migliori. Questo anche senza considerare che le persone che adotteranno il supposto comportamento virtuoso sono quelle permeabili a ragionamenti di tipo "educativo" che non sono poi tanti. Quindi uno si fa il mazzo a dividere i rifiuti, il solido dal liquido e dal gassoso, l'umido dal secco, ha la cucina avvolta da un miasma micidiale (è l'umido che fermenta) e tutto per spostare di un sessantamilionesimo la media del ciclo dei rifiuti italiani. E magari scopre che nella sua zona i camion del pattume mischiano tutto e lo portano in discarica.

Ma, ci viene detto, questo è l'unico modo per risolvere il problema del riscaldamento globale/fame nel mondo/indisponibilità di Angelina Jolie/... E questa, naturalmente, è la menzogna (o minchiata) più grossa. I comportamenti impartiti per via educativa funzionano - se lo fanno - al massimo su base generazionale, come sapeva benissimo James Clerk Maxwell ("Una volta credevamo alla teoria corpuscolare della luce. Oggi crediamo alla teoria ondulatoria della luce, perché tutti i proponenti della teoria corpuscolare sono morti").

Al contrario, i comportamenti collettivi favoriti dalla leva economica s'instaurano quasi istantaneamente: sono bastati dieci mesi di crescita del prezzo della benzina per far scomparire (in maniera probabilmente permanente) gli odiati SUV da tutte le classifiche di vendita automobilistiche. Sicuramente, si penserebbe, la collettività favorisce i comportamenti "virtuosi" anche economicamente. Vediamo come.

Le fragole biologiche (locali, virtuose), costano più del pollo (d'allevamento, colpevole, "meat is murder") e il quadruplo delle fragole locali. Il pane, poco meno. I SUV (mostri ecologici) hanno usufruito per molto tempo, dell'immatricolazione "come autocarro" che permette lo scarico dell'IVA. I prodotti "equi e solidali" (virtuosi, solidaristici) costano più dei prodotti iniqui e egoistici: e fin qui magari, è ovvio, non fosse che gli equosolidali costano di più dei prodotti equivalenti più cari in assoluto. I virtuosi trasporti pubblici (nella ecologica Modena) smettono di circolare tra le 19:30 e le 20:00. I contenitori per la raccolta differenziata vengono simpaticamente sparsi ai quatro venti (per la nostra salute cardiocircolatoria, immagino). Le amministrazioni che fanno più raccolta differenziata tendono ad essere quelle con la TARSU (Tassa sui Rifiuti Solidi Urbani) più elevata.

Non bisogna essere geni statistico-economici per rendersi conto che il fatto che i comportamenti "virtuosi" siano economicamente svantaggiosi restringe la loro pratica ad un minuscolo gruppo di appassionati il che li rende, se possibile, ancora meno influenti. A nessuno viene da chiedersi come mai i comportamenti "virtuosi" sono sempre economicamente svantaggiosi?

Potrei continuare, ma mi fermerò al mio esempio preferito: gli elettrodomestici in standby. Questi sono frutto di un' evidente perversione mentale dell'industria elettronica e sono la risposta ad una domanda che nessuno aveva mai posto ("Voglio qualosa che sembra spento ma è acceso"). Io posseggo apparecchiature irritanti che hanno un led rosso acceso per segnalare che sono spenti (cosa che Dilbert aveva a suo tempo sbeffeggiato...). Odioso. Tuttavia è praticamente impossibile, oggi, acquistare un elettrodomestico "bruno" che, quando viene spento, è spento. Fra l'altro, molti di questi dispositivi, quando vengono effettivamente spenti, perdono alcune funzionalità (ora, settaggi vari...). Molti PC si possono spegenere del tutto solo staccando fisicamente il cavo d'alimentazione. Si potrebbe immaginare che vengano fatte pressioni sull'industria elettronica per cambiare questo stato di cose, visto che tra quelli che si preoccupano di più ci sono i fornitori di elettricità. Se viene fatto non lo so: intanto però è emerso un altro comportamento virtuoso, "spegnete i vostri elettrodomestici".

E infine, da un po' di tempo ho cominciato a pensare che i più ardenti sponsor dei comportamenti scomodi e virtuosi siano un po' come quelli che sostengono che purgarsi fa bene perché sono segretamente innamorati dei clisteri. Non c'è comportamento o tecnologia abbastanza virtuosa da soddisfarli: le centrali idroelettriche deviano i ruscelli di montagna, quelle eoliche deturpano il paesaggio, quelle fotoelettriche sottraggono spazio all'erbetta.

Per questo ho deciso di inaugurare l'epoca che per comodità definirò "dei miei porci comodi". Siccome credo che i problemi, tutto sommato, esistano, sarò virtuoso se sarà comodo esserlo e se mi andrà, se no seguirò la linea di minore resistenza. E nel frattempo cercherò di sentirmi il meno in colpa possibile...

Dimenticavo: gli argomenti di cui sopra (e soprattutto il famoso un sessantamilionesimo) si applicano a fortiori , e con minimi aggiustamenti, al processo elettorale democratico. Disperatevi se volete, o fateci una bella risata, che è più salutare.