Ieri è morto Freddie Hubbard, un gigante della tromba jazz. Aveva avuto un attacco cardiaco lo scorso 26 Novembre. Lascia decenni di musica formidabile e un vuoto che il mondo del jazz farà fatica a colmare. Qui sotto è con Art Blakey e gli All Star Jazz Messengers (Benny Golson, Curtis Fuller, Walter Davis Jr, Buster Williams) nel 1984. Il brano, ovviamente, è "I remember Clifford".
Ciao, Freddie.
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Tuesday, December 30, 2008
Saturday, December 27, 2008
Capitomboli
A natale abbiamo speso molto meno dell'anno scorso, dice l'ADICONSUM, e un bel po' : il 20%.
La malcelata soddisfazione che traspare dai molti commenti su questi dati (dati?? io direi di aspettare un po': come si fanno ad avere i dati sui consumi di natale il 26/12???) assomiglia un po' al sacrificio di Origene (che si tagliò i coglioni per far dispetto alla moglie).
Non c'è bisogno di essere degli economisti per capire che esultare simultaneamente per il ritorno alla sobrietà dei consumi e stracciarsi le vesti per le difficoltà che la crisi procurerà a tutti noi è contradditorio. Almeno fino a che non mangeremo tutti quello che produciamo direttamente, ma non so se è il caso di augurarselo: la vita nell'economia di sussistenza non è comoda, chiedete - che so - a un contadino bengalese.
Dopo anni di scemenze mercatistiche, mi deprime pensare di dover ascoltare per anni scemenze pauperistiche.
La malcelata soddisfazione che traspare dai molti commenti su questi dati (dati?? io direi di aspettare un po': come si fanno ad avere i dati sui consumi di natale il 26/12???) assomiglia un po' al sacrificio di Origene (che si tagliò i coglioni per far dispetto alla moglie).
Non c'è bisogno di essere degli economisti per capire che esultare simultaneamente per il ritorno alla sobrietà dei consumi e stracciarsi le vesti per le difficoltà che la crisi procurerà a tutti noi è contradditorio. Almeno fino a che non mangeremo tutti quello che produciamo direttamente, ma non so se è il caso di augurarselo: la vita nell'economia di sussistenza non è comoda, chiedete - che so - a un contadino bengalese.
Dopo anni di scemenze mercatistiche, mi deprime pensare di dover ascoltare per anni scemenze pauperistiche.
Tuesday, December 16, 2008
Nessuno che sia arcistufo di De Rita?
Tutti gli anni, e spesso più volte all'anno, il saggio De Rita - del Censis- ci dice la sua sugli italiani. Su quello che fanno, pensano, sentono, mangiano (mi fermo). E su quello che faranno, diranno, penseranno l'anno prossimo.
I (tele)giornali se lo bevono allegramente e per alcuni giorni si dedicano a raccontarci chi siamo, cosa che pare non sapessimo prima che le truppe deritiane ci intervistassero. Più o meno come gli oroscopi (un po' in anticipo sull'ultima settimana dell'anno).
E proprio come accade per questi ultimi, nessuno si dà mai la pena - nemmeno il CICAP, che per gli oroscopi lo fa - di andare a vedere, l'anno dopo, se De Rita ci avesse azzeccato o no.
Se è per questo, vista la propensione per i numeri dei (nostri) giornalisti, nessuno si dà nemmeno la pena di andare a vedere se quello che il saggio De Rita riferisce abbia un qualche supporto nei numeri che sono stati raccolti (fossi in lui, almeno una volta cederei alla tentazione di dire cose tipo "Quest'anno il nostro rapporto mostra come lo 0.25% della popolazione italiana sia composto di marziani albini").
Purtroppo, a differenza degli astrologi che - ad eccezione dello strabordante Marco Pesatori - si limitano in genere a consigli pedestri del tipo "Giove in Ariete è nocivo per la cistifellea, evitate i fritti", De Rita è titanicamente sentenzioso, paternalista, solonico. Più confessore/sacerdote che statistico, immancabilmente moraleggiante, quasi sempre poco sorprendente. Ma chi gliel'ha chiesto?
Francamente, preferirei che parlasse di 'chi quadro' e 't di student'... in alternativa, che non parlasse proprio. Un paio di tabelle riassuntive sarebbero un sollievo.
Insomma, De Rita arriva buon terzo nella mi personale classifica dei commentatori seccanti (dopo Alberoni e Jeremy Rifkin). Chissà se è solo una mia idiosincrasia?
I (tele)giornali se lo bevono allegramente e per alcuni giorni si dedicano a raccontarci chi siamo, cosa che pare non sapessimo prima che le truppe deritiane ci intervistassero. Più o meno come gli oroscopi (un po' in anticipo sull'ultima settimana dell'anno).
E proprio come accade per questi ultimi, nessuno si dà mai la pena - nemmeno il CICAP, che per gli oroscopi lo fa - di andare a vedere, l'anno dopo, se De Rita ci avesse azzeccato o no.
Se è per questo, vista la propensione per i numeri dei (nostri) giornalisti, nessuno si dà nemmeno la pena di andare a vedere se quello che il saggio De Rita riferisce abbia un qualche supporto nei numeri che sono stati raccolti (fossi in lui, almeno una volta cederei alla tentazione di dire cose tipo "Quest'anno il nostro rapporto mostra come lo 0.25% della popolazione italiana sia composto di marziani albini").
Purtroppo, a differenza degli astrologi che - ad eccezione dello strabordante Marco Pesatori - si limitano in genere a consigli pedestri del tipo "Giove in Ariete è nocivo per la cistifellea, evitate i fritti", De Rita è titanicamente sentenzioso, paternalista, solonico. Più confessore/sacerdote che statistico, immancabilmente moraleggiante, quasi sempre poco sorprendente. Ma chi gliel'ha chiesto?
Francamente, preferirei che parlasse di 'chi quadro' e 't di student'... in alternativa, che non parlasse proprio. Un paio di tabelle riassuntive sarebbero un sollievo.
Insomma, De Rita arriva buon terzo nella mi personale classifica dei commentatori seccanti (dopo Alberoni e Jeremy Rifkin). Chissà se è solo una mia idiosincrasia?
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